Lenzuoli bianchi ai balconi e cori della gente di Brancaccio: “Francesco, Francsco!” hanno accolto il Papa nel quartiere di Brancaccio. Il quartiere si è stretto intorno al Papa.

Francesco è arrivato nel quartiere e prima di tutto è andato nella parrocchia di San Ciro, quella che fu retta da Puglisi. Poi, sorprendendo tutti anche la sua stessa scorta, il SDanto Padre è sceso in strada ed ha fatto un tratto a piedi per le vie di Brancaccio. Risalito in auto è giunto poco prima delle 15,30 in piazza Anita Garibaldi. Lì un attimo di raccoglimento inpreghiera nel luogo del delitto, poi la visita privata in quella che fu la casa di Padre Pino Puglisi ricostruta così come era.

In casa ad attenderlo i volontari del Centro Padre Nostro edi familiari di Padre Pino a iniziare dal fratello Franco. Un incontro assolutamente privato quello tenuto dentro la casa che il Centro ha dovuto riacquistare dopo anni per poi risistemarla così come era.

Ma Francsco non si è fermato solo nella palazzina al civico 5 di Piazza Anita Garibaldi, da oggi Piazza Pino Puglisi, ma si è soffermato anche al civico 4 dove abita un disabile per poi spostarsi sotto il busto di Don Pino nella cappella all’aperto che ricora il Beato. Lì un altro momento di raccoglimento e di preghiera mentre la gente del luogo urlava e lo osannava.

Francesco ha poi lasciato Brancaccio per un altro veloce incontro privato con il Clero dopo essersi soffermato in Cattedrale dvanti alla tomba del Beato e prima dell’ultimo appuntamento in città, questa volta pubblico, quello con i giovani in piazza Politeama.

Pippo De Pasquale, 75 anni, il 15 settembre ’93 soccorse don Pino Puglisi davanti alla sua casa di Brancaccio, dove il sacerdote fu ucciso con un colpo di pistola alla nuca. Amico di infanzia del parroco, abitava nel palazzo di piazzetta Anita Garibaldi (da ieri intitolata a don Puglisi). Indossa una maglietta arancione con scritto “Benvenuto Papa
Francesco nel luogo del martirio del beato Giuseppe Puglisi”.

“Al centro Padre Nostro, fondato dal sacerdote nel 1991 – racconta – mi sono avvicinato dopo la morte di Pino; molte volte gli rimproveravo l’eccesso di lavoro, chi te lo fa fare, gli dicevo. Mi rispondeva: ‘Devo evangelizzare Brancaccio'”. La sera di quel 15 settembre “ero tornato da poco a casa – dice – quando io e mia moglie abbiamo sentito un urlo. Abito ancora oggi nel palazzo dove viveva Pino. Mi sono precipitato, per terra c’era pochissimo sangue, abbiamo pensato che si era ferito dopo una caduta, magari colpito da infarto: abbiamo chiamato i soccorsi e i fratelli. L’ho accompagnato, ero con lui nell’ambulanza che lo ha portato all’ospedale Buccheri La Ferla e sono entrato con lui. I medici hanno provato col defibrillatore, anche loro pensavano che fosse un’infarto, prima di accorgersi del colpo di pistola”.

“Non è morto da solo – ricorda De Pasquale – ma con un suo amico di infanzia. Lo conoscevo da quando avevo 5 anni e mezzo; Pino ne aveva 11. Ho provato dolore per averlo visto morto ma ho raccolto l’ultimo respiro di Puglisi. L’idea di aver avuto tra le braccia un Santo non mi sfiora, non è morto. Qualche volta gli parlo ancora, mi confido con la sua foto”.

“Non ha mai parlato di minacce – conclude – ma io lo sapevo perché qualche telefonata anonima la ricevevo anche io: avevamo numeri di telefono molto simili”.
Guardando i lenzuoli bianchi appesi ai balconi dei palazzi che danno sulla piazzetta, De Pasquale dice che sono
“un’iniziativa spontanea di benvenuto al Papa, ma anche segno di riscatto dalla mafia”.