E’ stato celebrato a Chiusa Sclafani il terzo cammino delle Confraternite dell’Arcidiocesi di Monreale. Al convegno ha preso parte l’On. Alfredo Mantovano, magistrato e Vicepresidente del Centro Studi “Rosario Livatino”. Erano presenti l’Arcivescovo mons. Michele Pennisi e il dott. Francesco Antonetti, presidente della Confederazione delle Confraternite d’Italia.

Abbiamo chiesto all’on. Mantovano un giudizio sul rapporto tra Confraternite e contiguità mafiosa.

Perché appena si parla di Confraternite si parla subito di legalità?

Perché ci sono stati degli episodi alcuni probabilmente enfatizzati, altri reali, di collateralismi, di collusioni tra ambienti mafiosi, singoli personaggi delle cosche e la realtà delle Confraternite. Questi episodi hanno determinato, purtroppo, un discredito sull’insieme della realtà delle Confraternite. Noi sappiamo che la criminalità mafiosa, soprattutto nelle terre di più tradizionale radicamento, utilizza tutti gli strumenti possibili per mandare il suo messaggio: quello di essere in qualche misura espressione di quel territorio. Questo messaggio è più efficace se riesce a strumentalizzare la fede cattolica, ancora così presente in Sicilia e nel Sud dell’Italia.

Qual è il ruolo delle Confraternite?

Le Confraternite da questo punto di vista hanno un ruolo strategico, cruciale perché sono le prime antenne in grado di captare qualcosa di anomalo; per esempio nella raccolta dei fondi finalizzati alla gestione delle feste patronali, o nella organizzazione delle processioni, o se dei soggetti pretendono di portare le statue dei santi durante le processioni, non avendo alcun titolo per farlo. Tutto ciò può portare vantaggio strettamente materiale a chi comunque sopporta delle spese, come nel caso delle confraternite, ma al tempo stesso è un enorme vantaggio di immagine per i mafiosi. Questa è la partita che oggi si sta svolgendo e grazie anche a tanti Pastori coraggiosi – in Sicilia e non solo – c’è una inversione di tendenza molto sensibile.

Basta rispettare le regole o bisogna fare dell’altro?

C’è evidentemente di più: se la mettiamo su un piano della stretta legalità la partita è difficilissima, quasi impossibile. Se invece si è convinti che il rispetto per le leggi dello Stato che tutelano l’ordine sociale costituisce il riflesso di quei dati essenziali che per le Confraternite sono la fedeltà al Vangelo, la fedeltà la Chiesa e lo spirito missionario, se accade tutto questo, diventa tutto molto più facile. Poi è chiaro che ci vogliono delle regole – anche di prudenza – : conviene che siano poste e magari siano concordate, come avviene solitamente, tra autorità ecclesiale ed autorità civile.

C’è un legame in genere tra criminalità e confraternite o è un fenomeno più legato alla mafia alla realtà siciliana?

Il tentativo da parte di organizzazioni criminali di utilizzare i simboli religiosi e le processioni, come accaduto di recente anche in Calabria o in Campania, con atti di omaggio più o meno visibili nei confronti di camorristi c’è stato. Ciò che è importante è che dopo che questi fenomeni sono accaduti c’è stata subito dopo una presa di distanza da parte dei Vescovi. E tutto ciò ha provocato l’adozione di contromisure che adesso sono praticate ogni volta. Per cui rispetto solo a quattro o cinque anni fa oggi c’è una maggiore consapevolezza e un insieme di cautele certamente più stringenti.

Perché quando si parla di Confraternite si citano questi fatti e non si parla invece della lodevole attività che svolgono in altri campi, per esempio nel sociale.

Perché per la stampa purtroppo la notizia è soltanto “la cattiva notizia”. Se si cominciasse a dare risalto anche a qualche notizia positiva si potrebbe avviare almeno un certo riequilibrio. La realtà nazionale delle Confraternite in tal senso è un ottimo settore da cui ricevere buone notizie.

(Nella foto uno dei presunti inchini al boss ripreso dalle telecamere della Polizia)

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