Armando, Melony, Ziggy e Mork: una famiglia nomade con compiti e responsabilità razionalmente distribuiti.

In primo luogo non sono nomadi come tanti, ma nomadi digitali e questo attributo contiene l’essenza della sopravvivenza. In famiglia ognuno sa fare bene alcune cose abbastanza normali: Armando è  regista cinematografico e operatore video freelance; Melony scrive, racconta, aggiunge e fotografa; Ziggy, da quando li ha adottati in Marocco, è diventato il custode unico del van; Mork è un minivan Westfalia Volkswagen del 1995: la casa dove tutto accade, il punto di partenza e di arrivo dei progetti, la grotta dove ripararsi, la veranda dove esporsi. La filosofia del nomadismo su 4 ruote e spazio quanto basta per non restare inutilmente parcheggiato da solo.

La famiglia è studiosa, attenta e molto organizzata: sa come difendersi dal freddo o dal caldo eccessivi, come ricaricare le batterie delle attrezzature digitali, come farsi una doccia senza rischiare una denuncia, cosa e come cucinare anche in un parcheggio cittadino.

La famiglia provvede alle proprie esigenze primarie e non solo: nutrirsi, coprirsi, spostarsi, godersi gli spazi, la natura e gli ambienti che la non stanzialità mette a disposizione.

La scelta di vita di Armando e Melony è armonica e l’opzione nomade la rende invidiabile ancorché, a volte, faticosa. L’attribuzione della specificità digitale trasforma immediatamente il nomadismo da luogo della mente e del cuore in opportunità di lavoro.

Armando e Melony sono due professionisti che potrebbero lavorare con successo in una qualsiasi città del mondo. Invece hanno pensato che il mondo era la loro città. A quel punto una parte significativa del loro tempo è stata dedicata a mettere in piedi “la fabbrichetta”: attrezzature digitali, supporti meccanici e ausili elettronici, modulazione dei volumi interni del van al fine di contenere gli spazi della vita e quelli della sopravvivenza. Unico indirizzo conosciuto: westfaliadigitalnomads.com, il travel blog che li accompagna, li racconta e un po’li protegge.

Si muovono da un paese all’altro senza ansie, ma ben attenti a catturare immagini e sensazioni che opportunamente presentate possono rappresentare un’occasione imprevista per una realtà  locale in cerca di soluzioni inedite per proporre prodotti o servizi.

Li ho recentemente incontrati qui a Palermo, parcheggiati al Foro italico davanti a villa Giulia. Nessuna cerimonia anche se erano quasi 4 anni che non ci si vedeva:”Un caffè?”Non si rifiuta mai”

“Andiamo al RosaNero, è più buono e più comodo”. Armando mi racconta che sta documentando i paesi-fantasma in giro per la Sicilia, ossia quei paesi abbandonati dopo un terremoto o dopo altre calamità, o quelli dove i giovani se ne sono andati e i vecchi si sono consumati, o altri ancora perchè troppo impervi o troppo isolati per viverci nel terzo millennio.

Le immagini aeree le cattura utilizzando un drone attrezzato. Il risultato è straordinario e disperato, spettrale e poetico: semplicemente vero.

Mi informo sui loro programmi: sono già in partenza verso Siracusa. Durante il trasferimento incroceranno qualche fantasma (sanno giù dove) e in quel di Siracusa faranno alcune riprese per conto di un committente locale.

Il tempo scorre tra la produzione che arricchire l’archivio di vita e le piccole incombenze necessarie al mantenimento di quella scelta di vita. Possono permettersi di scgliere tra varie proposte di lavoro, ma quando decidono la risposta Ë sempre di buon livello.

La loro vita non è esigente, si godono il tempo, anche quello professionale, come un’opportunità irripetibile. Ed è così evidente: basta bere un caffè con loro, basta sentirli raccontare, vederli giocare con il cane o impegnati nel lavoro. E’ un’armonia dai toni sommessi ed il rumore più  forte è quello del mare che aggredisce i grandi massi di cemento la dove la città finisce.