Domenico Romano, 49 anni, fermato per l’omicidio di Emanuele Burgio, il 26enne ucciso lunedì, interrogato dalla polizia ha cercato di alleggerire la posizione del figlio Giovanni Battista di 29 anni, finito in cella con lui e con lo zio Matteo.

Ha raccontato che a sparare a Emanuele  non sarebbe stato Il giovane e che il figlio era andato sul luogo del delitto solo per avere un chiarimento con la vittima dopo la lite che i due avevano avuto nei giorni precedenti. A sparare avrebbe detto che sarebbe stato il fratello Matteo.

Dalle immagini di video sorveglianza piazzate nella zona del delitto si vede Giovanni Battista passare la pistola allo zio Matteo. La versione di Domenico Romano  adesso dovrà essere vagliata dagli agenti della squadra mobile diretta da Rodolfo Ruperti.

Il procuratore aggiunto Salvatore De Luca ha disposto il fermo dei tre indagati per concorso in omicidio. Un omicidio premeditato aggravato dai futili motivi

Domenico, Matteo e Giovanni Battista sono andati alla Vucciria per chiarire. I tre parenti, originari del Borgo Vecchio, ma residenti al Villaggio Santa Rosalia, sono arrivati a piedi lasciando gli scooter un po’ distanti dal luogo del delitto.

Dopo avere esploso alcuni colpi di arma da fuoco, almeno sei con una pistola calibro nove sono fuggiti via.

Matteo Romano, 39 anni, e il fratello Domenico, 49 anni, due fermati dalla squadra mobile palermitana per l’omicidio di Emanuele Burgio, sono figli del boss del Borgo vecchio Giovan Battista, scomparso quando aveva 50 anni, nei primi mesi del ’95, massacrato di botte, ucciso e sciolto nell’acido.

All’epoca si disse anche che il mafioso avrebbe confidato particolari sulla cosca al giudice Giovanni Falcone e anche per questo Cosa nostra lo punì. Dopo le rivelazioni dei pentiti Cucuzza, Brusca e Zanca, vennero condannati per l’omicidio Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina, Vittorio Mangano, ex stalliere nella villa di Berlusconi ad Arcore, Gaspare e Giuseppe Bellino, Nicola Ingarao, Cucuzza e Brusca. Giovan Battista Romano, 29 anni, il giovane che avrebbe avuto un diverbio per questioni stradali con Emanuele Burgio, è figlio di Domenico e porta il nome del nonno.

L’omicidio, quindi, è stato commesso da persone che in qualche modo gravitano nell’orbita di Cosa nostra. Nell’aprile 2011 venne ucciso con un colpo di pistola alla nuca e fatto trovare in mutande nel bagagliaio di un’auto rubata, in via Titone a Palermo, Davide Romano, 34 anni, fratello di Matteo e Domenico. Arrestato in diverse operazioni antimafia era stato condannato per mafia, estorsioni e droga ed era uscito dal carcere da un mese. Davide Romano voleva rientrare nei vecchi traffici di droga scavalcando però le regole di Cosa nostra. E per questo – dice il pentito Vito Galatolo – il boss Calogero Lo Presti ne avrebbe decretato l’uccisione. Anche un altro fratello dei Romano, Francesco Paolo, è stato coinvolto in inchieste di mafia e droga.

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