Tutto per una casa donata ai nipoti e non ai figli. Una scelta che ha innescato liti e dissidi tra i parenti. La casa di via Nicolò Cervello nel cuore della Kalsa in cui abitava Giuseppe Cangemi era stata regalata, a sua insaputa, alle nipoti e questo aveva fatto scattare in lui la rabbia, al punto da spingerlo a tendere un agguato al cognato e ucciderlo.
Mentre tutti lo cercavano, dopo avere visto il video ripreso dalla telecamera della farmacia Sacro Cuore, (come si vede nella foto pubblicata dall’edizione di Repubblica Palermo) Cangemi avrebbe telefonato ad un poliziotto, che conosceva per i suoi trascorsi, a cui avrebbe detto di aver fatto “una cavolata”. Poi un tentativo di fuga maldestro come il delitto, commesso sotto gli occhi delle telecamere, e l’arresto a Carini, nella zona dell’ex Johnny Walker. Ecco i retroscena del delitto di lunedì in via Oberdan: Giuseppe Cangemi, 62 anni, operaio della Rap, avrebbe ucciso il cognato Stefano Gaglio, di 39, dopo averlo atteso davanti al magazzino della farmacia Sacro Cuore, dove la vittima lavorava.
La convalida del fermo
Ieri il Gip Lorenzo Chiaramonte ha convalidato il fermo e confermato la custodia cautelare in carcere. Il difensore, l’avvocato Salvino Pantuso, aveva chiesto la scarcerazione per incapacità di intendere e di volere. Istanza respinta: Cangemi era lucido e sapeva quel che stava facendo, ha stabilito il giudice.
Dietro il fatto di sangue, secondo gli inquirenti, ci sarebbe una grave lite di famiglia. In particolare, la compagna di Gaglio – Tiziana Presti, sorella della moglie di Cangemi, Michela Presti – aveva deciso di cedere la propria quota della casa in cui viveva l’assassino, in via Nicolò Cervello alla Kalsa, alle nipoti (le due figlie del figlio di Cangemi) senza informare i parenti.
Il movente supposto
La ragione? La compagna della vittima non aveva praticamente mai fruito di quel bene ed essere proprietaria di un immobile incideva sul suo reddito, ragion per cui non poteva godere di sussidi e agevolazioni. La cessione della quota avrebbe provocato forti tensioni e malumori fra i nuclei familiari. Le due sorelle, Tiziana e Michela, sabato 6, poco meno di dieci giorni prima del delitto, avevano avuto un alterco al telefono. Poi l’agguato di lunedì scorso, l’assassino che attende il cognato, gli spara tre volte al ventre e si allontana – ripreso da tutte le telecamere puntate su quell’area – col suo ciclomotore. I soccorsi, inutili, a Gaglio, che respirava ancora ma morirà nel giro di pochi minuti, la caccia all’uomo ma lo stesso Cangemi chiama un sovrintendente del commissariato Oreto Stazione, da lui conosciuto per ragioni di ufficio, raccontandogli di avere fatto la “cavolata”.
La testimonianza
Tiziana Presti, sentita dagli inquirenti, ha dichiarato di non credere che un semplice litigio potesse portare a un omicidio ma Cangemi, secondo il Gip, avrebbe vissuto questa vicenda come un “affronto” personale, tanto da decidere di vendicarsi. E per questo avrebbe organizzato l’agguato, dimostrando – secondo i pm Maurizio Bonaccorso e Gaetano Bosco e il giudice Chiaramonte – freddezza, lucidità e premeditazione. Cangemi ha confessato davanti ai pm ma ieri ha taciuto col Gip.
L’avvocato Pantuso preannuncia ricorso al tribunale della libertà: «Dal 2021 al 2023 – dice – Cangemi è stato in cura al Policlinico per schizofrenia. È anche autolesionista, la sua condizione psichica non è compatibile con il regime carcerario. Non convince neanche la contestazione della premeditazione: il mio assistito non ha pianificato proprio nulla. Si è presentato a volto scoperto, addirittura con indosso la divisa della Rap, a volto scoperto e in pieno giorno. Anche il movente non convince, troppo debole”.
“Quelle diagnosi non sono recenti – ha motivato Chiaramonte – né sufficienti a dimostrare che Cangemi fosse incapace di intendere e di volere al momento del fatto. Le immagini delle telecamere mostrano un’azione lucida e organizzata: si è procurato un’arma, ha aspettato la vittima e ha agito in modo determinato. Tutti elementi che dimostrano piena consapevolezza di ciò che stava facendo”.






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