Per gli immigrati del quartiere Ballarò di Palermo, i fratelli Rubino e altri compari erano il terrore. Bastava uno sguardo per essere picchiati. Come è successo il due aprile ad un commerciante del Bangladesh e un amico. “Chi ci talii, avanzi picciuli?”, urla Giacomo Rubino. Ai due si avvicina anche Giuseppe Rubino.

Senza più parlare cominciano a picchiare i due. Le richieste ai commercianti immigrati della zona di via Maqueda erano continue. “Mi devi dare 50 euro a settimana per continuare a lavorare – gridava Giuseppe Rubino dentro uno di questi negozi – altrimenti ti mando all’ospedale. Qua comando io ora parlo con mio fratello Emanuele e vediamo cosa dobbiamo fare”.

L’episodio si evince dall’ordinanza di fermo della procura palermitana nei confronti di 10 presunti esponenti di un’organizzazione che avrebbe tenuto sotto controllo il quartiere Ballarò, vessando commercianti immigrati con richieste di pizzo.

L’inchiesta che ha portato a una decina di fermi, almeno tre al momento sarebbero riusciti a fuggire nel corso della notte, è nata dopo la sparatoria nella quale Emanuele Rubino sparò al giovane gambiano Yusupa Susso.

Dopo l’aggressione nel quartiere ci fu una manifestazione per dire no al razzismo e all’aggressione dei migranti. Partecipare al corteo per la banda era un oltraggio. “Stai attento che ti mando all’ospedale a te e a tuo cugino perché siete andati alla manifestazione, dice ad un altro commerciante immigrato, Giuseppe Rubino rivolgendosi tra i più attivi dei fratelli nel mantenere il terrore nel quartiere.

Sono davvero tanti gli episodi di violenza contestati ai componenti della banda che utilizzava metodi mafiosi per imporre il potere nel quartiere. Alcuni di loro per minacciare i commercianti e chiedere il pizzo non hanno esitato a puntare la pistola in testa ai figli dei commercianti.

Oppure hanno cercato di bruciare vivi tre nigeriani che avevano avuto solo il torto di rimproverare alcuni ragazzini palermitani. Il 27 febbraio scorso in quattro sono andati in casa dei migranti mentre la folla urlava “i neri sono dentro”.

Uno di loro Giovanni Castronovo, riconosciuto dalle vittime avrebbe preso un bidoncino di benzina e avrebbe versato il contenuto dietro la porta e dato fuoco. I tre uomini all’interno sono stati salvati dall’arrivo dei vigili del fuoco e dei carabinieri. Sono stati trasportati in ospedale con diverse ustioni e grave intossicazione da fumo.

Nessuno poteva sgarrare o cercare di bloccare le lo scorribande. Due tunisini furono picchiati con i bastoni da quindici giovani tra cui i Rubino solo perché evitarono lo scippo in via Maqueda. Una colpa gravissima per i commando che li picchiò in strada fino a quando non arrivò la polizia chiamata dalle fidanzate.

Non contenti in gruppo Emanuele Rubino, Giuseppe Rubino, Giovanni Castronovo e Carlo Fortuna armati di pistola fecero irruzione in casa dei due. Con loro c’erano le fidanzate. Ad una di queste puntarono una pistola nell’addome. “Vi ammazziamo tutti se solo ci denunciate alla polizia”.