Una decisione, quella dell’Autorità Prefettizia di Palermo, che già da tempo ha voluto il divieto per le corse di cavalli in occasione delle feste di paese. Questo per i rischi dovuti alle infiltrazioni mafiose. Vi fu, però, un breve periodo che tali manifestazioni vennero nuovamente accordate, con il risultato di gravi incidenti occorsi ai cavalli e non solo. Numerosi furono gli articoli che i giornali dedicarono alle associazioni che si impegnarono in una vera e propria battaglia che si concluse con il ripristino del divieto.

Non stiamo parlando di epoche antiche ma di una questione che ha continuato a produrre polemiche fino a pochissimi anni addietro. Un caso molto grave, occorse a Monreale. Nonostante il Prefetto avesse vietato la corsa, il percorso venne tracciato tanto da costringere le automobili delle Forze dell’Ordine a presidiare le strade di accesso al paese al fine di bloccare i van con i cavalli. Qualcuno, però, si mise a capopopolo incitando alla corsa quelle scuderie che già erano nell’ambito urbano. Il Prefetto fu costretto a disporre le macchine di Polizia e Carabinieri di traverso lungo il tracciato. Infine la corsa venne annullata.

Una descrizione delle critiche che allora vennero sollevate, la possiamo ricavare da un articolo del Giornale di Sicilia che può aiutare a comprendere come lunga e difficile sia l’affermazione di diritti fondamentali.

A scivere  è stato tale “Oleandro” che ripercorre, anzi anticipa, la stessa verve polemica di quasi un secolo dopo. “Oleandro”, infatti, scrive nel numero 237 del Giornale di Sicilia, datato 29-30 agosto 1913.

Inizia riservando un improbabile encomio per l’allora Consiglio Direttivo dell’Associazione Movimento Forestieri. Si trattava di una Società a carattere nazionale, poi divenuta Pro Italia, che aveva lo scopo di accrescere e facilitare l’affluenza dei turisti. Il nostro Oleandro nell’articolo titolato “La protezione degli animali e le famose corse berbere”, teme però che l’impegno in favore dei cavalli (nella fattispecie erano quelli di città utilizzati dai cocchieri) era dovuto solo all’esigenza di “… farci apparire soltanto persone civili davanti ai forestieri ...”. Si salvava cioè solo “l’apparenza” (dice sempre Oleandro) mentre nulla veniva fatto “per evitare che laddove i forestieri non vanno” si ripetessero sovente “delle vere manifestazioni di brutale inciviltà“. Il riferimento era “alle famose corse di cavalli liberi che ogni domenica hanno luogo nelle borgate prossime alla città …“. La meraviglia di Oleandro era per le autorità accusate di permettere quello che definisce “uno spettacolo tanto barbaro quanto periocolo” tanto da produrre “scene addirittura selvagge“. L’occasione per la polemica viene fornita proprio da una festa religiosa, anche se non viene specificato il nome della borgata.

Oleandro se la prende con i colpi di randello dati sia alla schiena che alle zampe dei cavalli. Questi, tra gli urli della folla, finivano avviliti rasentando i muri “quasi a volerli scalare” pur di scappare. Nota polemica contro i tutori dell’Ordine. I “carabinieri“, non sappiamo se volutamente scritti in minuscolo, presenziavano con tanto di pennacchio “in nome della Legge a questo scempio“. Le autorità, scrive Oleandro nell’agosto del 1913, dovevano invece imporre il “divieto di quei barbari spettacoli ...”. Il riferimento era altresì alle frustate che colpivano i cavalli.

Incredible la conclusone della lettera che sembra essere presa da un odierno comunicato di una delle tante associazioni di protezione animale presenti sul territorio.

Si capisce che le autorità locali, specie in prossimità delle lezioni, non possono lasciare scontenti gli elettori, negando loro il permesso dell’incivile spettacolo ….“. “Nulla di male, però, – concludeva Oleandro ricollegandosi all’ironia iniziale dedicata all’Associazione Movimento Forestieri – se di fronte alla lodevole agitazione, l’uomo scettico sorride, nel pieno convincimento che si tende sempre a curare il sintomo per riguardo agli altri e non il male per rispetto di noi stessi”.

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