Giuseppe Flores è l’ultimo costruttore di “ciaramedde”. Monrealese, 82 anni, è ancora adesso il punto di riferimento per chi vuole acquistare una cornamusa e soprattutto l’unico in grado di ripararle.

Flores, nel suo piccolo laboratorio artigianale, nell’antico quartiere “Pozzillo” di Monreale, ad un centinaio di metri dal Duomo, con orgoglio illustra la sua arte. Lui ebanista, dopo avere costruito mobili per quarant’anni ai cantieri navali di Palermo, nel 1992 è andato in pensione. Da allora, dalla sua bottega di falegname, oltre a fare porte e armadi, cominciava a rispondere alle richieste dei ciaramiddari monrealesi prima, e della provincia poi, che chiedevano le riparazioni per le loro cornamuse. Un lavoro non alla portata di tutti perché servono torni particolari, con punte lunghe anche più di un metro. In alcuni casi è stato lui stesso a costruirsi gli utensili necessari.

Flores è appassionato di tutto quanto è riconducibile alla tradizione monrealese, religiosa e folkloristica. Nel suo laboratorio si dedica a creare modelli di carretti siciliani, di teatrini di pupi siciliani meccanizzati, il banco da gioco dai sei colori, così come della “vara” del SS. Crocifisso. Tutti rigorosamente realizzati in legno e dipinti a mano. Contemporaneamente comincia a dedicare sempre più tempo alle cornamuse. Il passo è breve.

Da lì a poco comincerà a rispondere alle richieste di costruire di sana pianta le ciaramedde, quelle tipiche a quattro coni, che si differenziano da quelle a tre coni ancora visibili nel bergamasco. Diventa una passione. “Ho costruito e venduto circa 20 ciaramedde”. I tempi di costruzione sono abbastanza lenti. Per arrivare allo strumento definito necessitano anche tre mesi. I tempi sono dettati soprattutto dalla materia prima. “Utilizzo unicamente legno di ulivo stagionato dai 20 ai 30 anni. Per il suo contenuto di olio, dopo ogni lavorazione si deve attendere che asciughi per potervi intervenire nuovamente”.

Pino Flores mostra i progetti della ciaramedda che ha elaborato osservando, studiando e ricopiando pedissequamente le misure di quelle che gli venivano portate per la riparazione.

Ogni ciaramedda è costituita da 13 componenti in legno, alle quali si aggiunge il tasto in metallo che in base a quante volte viene pigiato restituisce un suono diverso. “La grande camera d’aria prima veniva fatta con la pelle di capra intera. All’animale venivano mozzate la testa, la coda e le zampe, rasato il pelo. Poi la pelle veniva svuotata degli organi interni, rivoltata e trattata. Con il tempo si deteriorava e veniva sostituita dopo 3/4 anni. Oggi all’interno della pelle viene invece inserita una camera d’aria sintetica che la rende più resistente”.

Le sue ciaramedde sono state commissionate anche negli Stati Uniti. Altre sono state vendute agli ultimi suonatori monrealesi. Ne sono rimasti solamente cinque, che allietano le novene di Natale. Mimmo Patellaro, Totò Carrozza, Totò Ferraro, Benedetto Miceli, Salvatore Modica. C’è chi preferisce quelle definite con i colori siciliani, chi invece quelle più grezze, con visibili le venature dell’ulivo.

L’artigiano con rammarico confessa che nessuno sta raccogliendo il testimone di questa arte. Dopo di lui questa antica tradizione siciliana rischia di perdersi.