“Ci vuole più o meno Europa?” “E l’Italia in questa Europa deve fare di più o rompere i legami che ha con essa e rinchiudersi in se stessa?”.

Con queste due domande Mario D’Acquisto, presidente emerito della Regione Siciliana, ha aperto i lavori della tavola rotonda che costituisce l’evento culturale centrale de “La settimana europea”, in svolgimento a Palermo nella parrocchia di Nostra Signora delle Nazioni, giunta alla sua decima edizione.

Per rispondere a questi quesiti, egregiamente sintetizzati nel titolo della manifestazione: “Europa: codice rosso”, sono stati chiamati un sociologo, Claudio Saita, una statistica, Stefania Schipani e un giornalista, Lorenzo del Bocca.
Sono scaturite così oltre due ore di serrato confronto che hanno catturato l’attenzione degli oltre 200 convenuti, che sul finire della serata hanno ricevuto il gradito regalo della visita del nostro Arcivescovo don Corrado Lorefice.
Saita è partito dal tentativo di rispondere alla questione più di fondo: “Cos’è oggi l’Europa?” Ha fatto appello a Vaclav Havel, il compianto presidente della Cecoslovacchia degli anni ottanta e novanta, che in un suo discorso ad Acquisgrana il 15 Maggio del 1996, parlò di “crepuscolo” intendendo in tal modo l’intervallo fra il lavoro ed il riposo che ne segue. “Il crepuscolo – ha spiegato – è il tempo della riflessione, la riflessione sull’azione (nella lingua tedesca Erfharung indica l’esperienza del fare; Erlebnisse la riflessività su ciò che si è fatto)”.

Ha poi aggiunto sull’Europa una serie di dati quantitativi: “un’area geografica e geo politica di 500 milioni di persone, che sono un terzo degli abitanti di tutto l’occidente, a fronte di 7 miliardi di persone che popolano il nostro pianeta”; politici “diversi paesi che la circondano stanno subendo una destrutturazione acuta che riguarda sia l’ordine regionale che la struttura istituzionale d’interi stati”; e sociali relativi alla grande quantità di profughi che si trovano in tutti questi paesi, ben maggiore di quella presente in Europa. Ha poi concluso con un giudizio sul terrorismo internazionale affermando che “è indubbio che la crescita tumultuosa del terrorismo di matrice islamica, ha trovato nel vuoto strategico e nella diretta ed indiretta complicità di alcuni stati sovrani le ragioni della loro apparentemente inspiegabile e tumultuosa crescita nell’area a cavallo fra Iraq e Siria”. La sua acuta e dettagliata analisi si è poi soffermata sulla situazione italiana e sul tema dell’accoglienza e della integrazione dei profughi evidenziando, citando esempi non solo di accoglienza generosa di quanti sbarcano sulle nostre coste, ma anche di significativi tentativi di integrazione di queste persone nella nostra struttura sociale e civile, che vedono in prima persona impegnate istituzioni locali, università, Prefetture, organi della Magistratura e cittadini. La sua conclusione è stata quanto mai chiara: “E’ evidente a tutti la difficoltà di sistematizzare come Europa le esperienze positive d’accoglienza ed integrazione dei migranti, per dare ad esse forma giuridica più compiuta e vincolante per gli Stati Membri (Reti Inclusive, Status giuridico dei mediatori, Standard degli interventi di prima e seconda accoglienza, Status e Competenze dei Tutori MSNA)”. “Occorre allora – ha concluso – lavorare sulla struttura sistemica degli interventi ad intra ed extra. Per fare questo occorre simmetricamente rivedere la governance europea”.

Il filo del ragionamento illustrato da Saita è stato raccolto dalla statistica Stefania Schipani che ha evidenziato come “l’Europa costruita e giunta fino ad oggi, fondata più sulle banche e sulla moneta comune, che sulle politiche sociali ed economiche condivise”, non sia in grado di intervenire con efficacia sui reali termini dello sviluppo condiviso di cui il flop della politica per l’immigrazione è il dato più eclatante. La Schifani che è presidente della associazione “Rifare l’Europa” ha provato proprio a rispondere a questo quesito: “Da dove ripartire per rifare l’Europa?” affermando la necessità che dopo la fase della costruzione dall’alto si passi “ad una ricostruzione dal basso che veda protagonista la gente con i suoi problemi concreti e urgenti” in grado di ridare anima e vigore al progetto originario che oggi sembra smarrito. “Non bisogna – ha precisato – in questo rinnovato impegno buttar via quanto di positivo l’Europa ha prodotto in termini di decisioni e scelte fatte in tanti campi e settori, ma aggiungere a tutto ciò un protagonismo dei cittadini europei che finora è mancato”.

Lorenzo Del Bocca, che è uno storico e un giornalista che più volte è intervenuto sui temi della politica europea e mediterranea ha messo in guardia i presenti dal rischio che l’Europa si riduca “a stabilire le misure standard dei cetrioli e il colore e la misura delle etichette delle marmellate”, senza saper poi intervenire in una difesa delle economie dei paesi più deboli come l’Italia, rinunciando a forme di tutele economiche in forza di un mal compreso ossequio alla libertà di mercato.

Mario D’Acquisto, dopo aver egregiamente guidato i lavori della serata, ha concluso con un appello alla responsabilità personale e sociale partendo da una nota personale. “Per la mia generazione – ha detto – la responsabilità di impegnarsi in politica fu semplice, perché non fummo messi di fronte ad una scelta, ma fummo messi di fronte all’obbligo morale di fare politica, come naturale conseguenza della educazione ricevuta nella Chiesa, attraverso l’associazionismo cattolico. Oggi tutto ciò non esiste, non ci sono più trincee dove collocarsi di fronte ad una società che va in frantumi. Nello smarrimento generale occorre fare appello alla responsabilità di ciascuno a partire da quelli che studiano i problemi, come coloro che abbiamo ascoltato questa sera, e a coloro che devono affrontarli e risolverli”.

La serata è stata conclusa dall’Arcivescovo Corrado Lorefice che partendo da alcuni temi emersi dal dibattito ha posto ai presenti una domanda: “Che significa oggi rivendicare le radici cristiane dell’Europa? E’ una etichetta culturale? Perché, se rivendichiamo le radici cristiane dell’Europa dobbiamo essere conseguenziali e chiederci: Di che si tratta? Lo stesso quando rivendichiamo il termine cultura cristiana: Di che si tratta? Il cuore del cristianesimo è questo: c’è un Dio che ha raggiunto l’arco della sua estrema diversità, nella sua estrema alterità. Allora è questa la sostanza che eventualmente dovremo rivendicare. I cristiani siamo quelli che abbiamo seguito un Dio che era ricco e si è fatto povero, era Dio e si è fatto uomo, addirittura, come dice San Paolo, mentre eravamo peccatori Dio ha dato la vita per gli empi. Il movimento tipicamente cristiano accoglie l’altro nella sua estrema diversità; questa è l’identità cristiana che dobbiamo rivendicare. Per cui penso che non si tratti di una questione di etichetta. Sulla vicenda del Parlamento Europeo che non ha voluto inserire nella sua Costituzione il riferimento alle radici cristiane dell’Europa temo che abbiamo fatto una gran confusione; temo che tale rivendicazione sia stata più una etichetta che non l’affermazione di una sostanza; perché se siamo cristiani siamo quelli che accogliamo l’altro addirittura nella sua estrema diversità. Per cui noi non avremmo niente da temere rispetto alla nostra identità cristiana, perché l’identità cristiana è l’accoglienza dell’altro nella sua estrema diversità. Perché questo è il Dio di Gesù Cristo, colui che ha raggiunto l’uomo nella sua totale diversità, senza scandalizzarsi neanche della fragilità e del peccato dell’uomo; anzi dice San Paolo che lo ha assunto nella sua vita; per cui io direi che parlare di Europa e rivendicarne le radici cristiane non è una questione di etichetta. Oggi invece il fatto che il sud spinge verso l’Europa è una grande opportunità, un segno dei tempi. Ma dobbiamo essere chiari altrimenti rischiamo l’ipocrisia. Fino ad ora siamo stati noi occidentali ad aver invaso il sud del mondo e lo continuiamo a sfruttare. Proprio lì sono racchiuse enormi ricchezza naturali, ma chi sono coloro che le commerciano e si arricchiscono? Perché quelle popolazioni che hanno tanta ricchezza vivono ancora in uno stadio di sottosviluppo? Tutto ciò è dipeso e dipende dallo statuto che si è dato l’Occidente.

L’Occidente da molto tempo invade il sud e lo schiavizza. Questo è un momento di una grande potenza storica. L’Europa sopravvivrà se di fronte a queste circostanze invece di farne una questione di etichetta, ne farà una opportunità, quella di ripensare se stessa e tirare finalmente fuori le radici cristiane. Vi lascio con questa domanda: dal punto di vista storiografico c’è chi ancora chi si domanda: Ma l’Europa è stata cristiana l’Europa?”

Il programma della settimana prosegue con alcuni importanti concerti:
GIOVEDÌ 5 MAGGIO ore 21.00 Coro polifonico “Nostra Signora delle Nazioni” Organo: Anton Ludwig PFELL, Direttore: Flavia ODOROSO
VENERDÌ 6 MAGGIO ore 21.00 Concerto: Duo tromba e organo Luigi Faggi GRIGIONI e Luca SCANDALI
SABATO 7 MAGGIO ore 21.00 Memorial in onore di Roland MUHR; Concerto: coro, flauto e organo: Alexandra MUHR, Klemens SCHNORR – Anton Ludwig PFELL Direttore: Flavia ODOROSO
DOMENICA 8 MAGGIO
ore 12.00 Solenne Celebrazione Eucaristica di chiusura. Presiede: Don Felice LUPO – Parroco di Nostra Signora delle Nazioni
ore 21.00 Concerto: Fanfara XII Btg. Carabinieri “Sicilia”
Direttore: M.llo Capo Paolo Mario SENA