All’indomani dell’assoluzione dell’ex Presidente della Regione Raffaele Lombardo dopo ben 12 anni di processo BlogSicilia ha raggiunto l’ex assessore regionale alla sanità, il magistrato Massimo Russo che dell’esperienza di governo con Lombardo è station uno dei protagonisti.

Russo non si sottrae alle domande su tutti i temi raccontando quella stagione e la brusca interruzione di quell’esperienza di governo

Mai nessun dubbio

“Non ho mai avuto dubbi”, dice Massimo Russo a BlogSicilia. “Se ne avessi avuti mi sarei comportato di conseguenza”.

“Dopo una vita spesa nella lotta alla mafia fatta a colpi di ergastoli, solo un ingenuo avrebbe potuto pensare che prima di approdare in giunta non mi fossi informato. Non potevo rischiare di trovarmi invischiato con un presidente che avesse rapporti con la mafia o prendesse mazzette. O che magari utilizzasse la mia storia professionale come una foglia di fico. Le risposte che ottenni erano trancianti: Lombardo non aveva rapporti con la mafia e non prendeva tangenti”.

“Mi si offriva, allora, non un vuoto assessorato alla legalità, una poltrona di facciata, ma quello della sanità. Lombardo lo fece lanciandomi una sfida: se non accetta, perde il diritto di critica. Noi magistrati siamo bravi a sindacare e, fuori dalle aule di giustizia, anche a criticare. Cimentarmi con le questioni complesse dell’amministrazione in un settore così delicato come la sanità, dove di problemi di legalità se ne erano registrati tanti, troppi, rappresentava per me la prosecuzione ideale di un impegno civico, sebbene da altra difficile postazione istituzionale e dunque accettai senza esitazioni ma ben consapevole delle difficoltà”.

L’avviso di garanzia

“Non nascondo che l’avviso di garanzia a Lombardo mi lasciò basito e mi turbò. Ebbi un confronto col presidente e fui anche molto duro. Gli dissi che a fronte della sua innocenza sarei rimasto e mi avrebbe avuto al suo fianco ma, al contrario, se fossero emersi concreti elementi di responsabilità avrei cessato ogni rapporto e mi sarei dimesso.”.
“Non solo ebbi rassicurazioni ma lo misi anche alla prova. Posso dire con forza che Lombardo mai si è interessato di un trasferimento, di una nomina, di un appalto. Subì, senza colpo ferire, anche la soppressione dell’azienda ospedaliera di Caltagirone, nel suo territorio elettorale, quando le aziende sanitarie da 29 passarono a 17, e si limitò a chiedermi se fosse proprio necessario. Capii che con quella battuta stava in realtà mettendo alla prova la mia tenuta, in vista di un infuocato dibattito parlamentare sulla legge di riforma della sanità dove erano in tanti, tantissimi, a lamentarsi del taglio del numero delle aziende sanitarie.

Mille dimostrazioni

“Non ho mai pensato di essere stato al fianco di un uomo colluso con la mafia. E non per partito preso ma giudicando il suo agire da Presidente della Regione, specialmente in altri settori ‘sensibili’ come i rifiuti e l’energia. D’altronde l’indagine nei suoi confronti, si ricorderà, fu definita con la reiterazione della richiesta di archiviazione da parte dei Pm inquirenti. Richieste ben motivate e articolate. Ma ci fu un Gip che decise per l’imputazione coatta. Una scelta che, a mia memoria, non ha precedenti per accuse così gravi”

Un processo ‘forzoso’

“D’altra parte – ricorda Massimo Russo – già nel settembre del 2011 un’intervista di. Michelangelo Patanè, allora procuratore capo, facente funzioni, era stata chiara: nei confronti di Lombardo non c’erano né prove né riscontri. La richiesta di archiviazione era la conseguenza della valutazione degli elementi assunti nel corso delle indagini. Rimasi al mio posto anche quando il Gip formulò l’imputazione coattiva e non ascoltai le “sirene” che suggerivano una abiura di Lombardo quale condizione per la prosecuzione della mia carriera politica. Con la sentenza di assoluzione, si ritorna, dopo ben 12 anni, alle originarie valutazioni.

Russo contro le scelte dei colleghi

“Ci sono due grandi temi. da una parte la durata del processo che è eccessiva. Un imputato ha diritto ad avere risposte in tempi ragionevoli e 12 anni sono davvero troppi, specialmente se si pensa che Lombardo aveva scelto il rito abbreviato. Dall’altra un processo va fatto quando vi è la ragionevole certezza che si dispone di fonti di prova tali da diventare prova della responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio. E ciò costituisce l’indefettibile garanzia per allontanare i sospetti, spesso strumentali, di un uso distorto della funzione giudiziaria; ma anche il presupposto per la credibilità della magistratura e per la doverosa fiducia che devono avere i cittadini nei suoi confronti “.

Sentenza che restituisce giustizia

“La sentenza con la sua motivazione forte ‘il fatto non sussiste’ restituisce giustizia a questa vicenda. Ma resta un fatto politico oggettivo: è stata interrotta una esperienza politica tra le più innovative nella storia della Regione Siciliana. E non vi è alcuna possibilità di un “risarcimento”! E’ un fatto oggettivo di cui ci si può limitare a prendere atto, un punto di inevitabile attrito tra funzione politica e funzione giudiziaria.
Russo non è convinto che nel Paese ci sia una emergenza democratica anche se riconosce che la magistratura, dai fatti degli ultimi mesi ed anni, esce meno forte e credibile “Non c’è una emergenza democratica ma la necessità di ritrovare una buona dose di buonsenso. Chi svolge funzioni pubbliche deve svolgerle col massimo rigore e nell’interesse collettivo”

Nessuna candidatura all’orizzonte

Le parole di Russo, affiancate dai rumors delle scorse settimane, fanno pensare ad un suo possibile ritorno in politica, ma lui smentisce categoricamente “Non sono candidato a nulla. Dopo quella esperienza sono tornato a fare il magistrato. Ho incassato le critiche del mio ambiente, contrario alle mie scelte e ho ‘scontato’ cinque anni fuori dalla Regione lavorando a Napoli, senza cercare scorciatoie. Continuerò a fare il lavoro di magistrato con lo stesso spirito di sempre, quello di assolvere ad una sorta di servizio civile. Con coraggio e con onore, come ho sempre fatto”.

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