La gioielleria La Torre, che si trova a Palermo in corso Calatafimi 375, è una delle insegne storiche del capoluogo siciliano.
Non solo per i tanti anni di attività: il negozio è più volte balzato agli onori della cronaca per le numerose rapine di cui è stato oggetto già a partire dagli anni Settanta.

La madre della titolare Anita La Torre, negli anni Ottanta, morì a causa di complicazioni dovute alle ferite riportate, un ladro le ha infatti sparato.

La più violenta rapina nel febbraio 2002: una colluttazione, un conflitto a fuoco e ben 3 feriti tra cui un bambino che allora aveva 7 anni, il nipotino della signora Anita, ferita anche lei così come il figlio, Maurizio, la cui pistola, con la quale aveva cercato di difendersi, si era inceppata.

Per quella rapina finirono in carcere 6 persone, ovvero tre coppie di fidanzati: la prima era entrata in gioielleria fingendo di voler fare un acquisto, altri due facevano da palo fuori, altri due ancora attendevano in macchina con il motore acceso per essere pronti alla fuga.

Le immagini registrate allora dalla videocamera di sorveglianza sono veramente drammatiche: e fanno capire che i banditi erano disposti a tutto.

Adesso Maurizio Sicilia, che gestisce ancora la gioielleria con la madre, non si sente al sicuro e fa un appello al prefetto di Palermo. Dopo i sanguinosi episodi di rapina subiti dai La Torre, agli stessi era stato rilasciato regolare porto d’arma in modo che potessero difendersi detenendo regolarmente una pistola, ma adesso la Prefettura ha negato il rinnovo del documento a Maurizio.

La causa è da rintracciare in un precedente penale dovuto a una rissa verificatasi nel 2011 in un ristorante e che ha visto coinvolti Maurizio Sicilia e il padre naturale, che non vedeva da 40 anni e con il quale in quell’occasione scaturì un alterco. Ne seguirono delle denunce, e oggi sebbene Maurizio sia stato assolto, la Prefettura gli nega il porto d’armi.

Il gioielliere e la madre quotidianamente corrono il pericolo di un assalto da parte di rapinatori e chiedono di potersi difendere.
“Per la Prefettura – dichiara Maurizio a BlogSicilia – io non sono esposto a rischio particolare ma voglio ricordare che uno dei rapinatori del 2002 ha giurato che mi avrebbe ucciso non appena fosse uscito dal carcere. Io sono stato dunque minacciato di morte, come può la Prefettura dichiarare che non corro alcun rischio?”

 

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