La separazione delle carriere fra magistrati inquirenti e magistrati giudicanti è legge. E’ stata approvata con 112 sì, in quarta e ultima lettura, la legge che modifica l’ordinamento giudiziario: separazione delle carriere tra magistratura requirente e giudicante e due CSM con membri sorteggiati per ridurre l’influenza delle correnti.
Si tratta di una riforma di rango costituzionale e per questo sono stati necessari quattro voti, due per ciascuna Camera.
Sale la tensione con le opposizioni
Tuttavia la riforma non entrerà subito in vigore. Il prossimo passaggio sarà certamente il referendum con il quale l’opposizione tenterà di annullare tutto il percorso della legge. In aula oggi i senatori del Pd, del M5s e di Avs hanno inscenato una protesta contro l’approvazione della riforma, appena votata al Senato, mostrando cartelli con la scritta “No ai pieni poteri”.
Festa nella maggioranza
“Con il voto di oggi in Senato sulla separazione delle carriere giunge a termine un provvedimento importantissimo atteso da anni. Finalmente giudici e pubblici ministeri avranno percorsi distinti, affinché il giudicante sia percepito dal cittadino come realmente terzo, imparziale e indipendente.
Un cittadino che ha fiducia nella giustizia e nella magistratura è un cittadino che ha fiducia nello Stato. È questo l’obiettivo che Fratelli d’Italia intende perseguire con la riforma della separazione delle carriere: non una riforma contro qualcuno, né contro i magistrati, ma una riforma per i cittadini, per garantire una giustizia più equa, trasparente e davvero giusta” commenta la siciliana Carolina Varchi, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Giustizia alla Camera.
Lo scontro con i magistrati
Ma lo scontro è anche e soprattutto con i magistrati: “Questa riforma altera l’assetto dei poteri disegnato dai costituenti e mette in pericolo la piena realizzazione del principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Una riforma che non rende la giustizia più rapida o più efficiente ma la rende più esposta all’influenza dei poteri esterni. Una riforma che non aumenta il numero dei magistrati, che resta tra i più bassi in Europa, né colma le lacune dell’organico amministrativo. Una riforma che non investe risorse per far funzionare meglio il sistema giustizia ma rischia al contrario di triplicare i costi con lo sdoppiamento del Csm e l’istituzione dell’Alta corte disciplinare. Le nostre preoccupazioni sono peraltro condivise anche dal relatore speciale sull’indipendenza di giudici e avvocati delle Nazioni Unite” dichiara con una nota la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati.
Il Ponte sullo Stretto come vendetta
E nella maggioranza, soprattutto in area Lega c’è chi già sottolinea come la bocciatura del progetto del Ponte sullo Stretto da parte della Corte dei Conti proprio alla vigilia del voto possa essere una vendetta per la riforma






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