Mentre Giuseppe Cangemi sparava al cognato Stefano Gaglio a pochi passi c’erano un altro uomo che è rimasto pietrificato e ha assistito impotente al delitto. Ha visto arrivare Cangemi che da mezzora era in attesa del parente che lavorava nella farmacia Sacro Cuore.

Giuseppe Cangemi, l’assassino reo confesso
Cangemi ha estratto la pistola, un revolver calibro 38 e in pochi secondi ha ucciso il cognato e distrutto la vita di diverse famiglie. Mentre l’uomo bloccato che reggeva la sua moto senza riuscirla a mettere sui cavalletti ha visto Cangemi fermarsi, infilare la pistola dentro la tasca prendere la moto parcheggiata e andare via. E’ stato lui che d corsa mentre Gaglio era a terra colpito a entrare in farmacia e lanciare l’allarme. Anche un altro uomo un portiere della zona ha raccontato agli agenti che aveva visto l’assassino aggirarsi in zona già dalle 8.30. Poi verso le 9 e qualche minuto circa ha sentito i colpi d’arma da fuoco .
E’ quanto successo lo scorso lunedì mattina nei presi della farmacia Sacro Cuore, all’angolo tra piazza principe di Camporeale e via Oberdan. La ricostruzione del delitto ha portato gli inquirenti anche alla ricostruzione del movente, legato a faccende economiche relative a un appartamento di via Nicolò Cervello, alla Kalsa. A detta del Gip, l’omicidio sembra “maturato nel quadro di una banale questione di interessi, determinata dal fatto che Gaglio, secondo quanto riferito dalla compagna della vittima, avrebbe rivelato a uno dei figli di Cangemi che la quota dell’appartamento in cui vive l’indagato era stata trasferita alle nipoti, figlie di un altro figlio di Cangemi (Antonino, ndr). Cosa che «avrebbe innescato la sua rabbia perché non avrebbe voluto che gli altri figli lo sapessero”.

Stefano Gaglio, la vittima
Il rancore di Cangemi sarebbe covato da tempo e giorno dopo giorno l’uomo avrebbe pianificato il delitto. L’indagato, impiegato della Rap, ha affermato di avere trovato il revolver in un cestino dei rifiuti durante un turno di lavoro e di averlo nascosto in uno dei camion in disuso dell’azienda della nettezza urbana. Una versione poco credibile. Tanto che, anche su questo fronte, sono in corso accertamenti. Peraltro, da precedenti indagini, era emerso che Cangemi avrebbe frequentato ambienti della Kalsa legati alla mafia. Anche se, su questo fronte, non gli sono state mosse accuse.
Al momento dell’arresto, nel primo pomeriggio di lunedì nei pressi dell’ex Johnny Walker di Carini, Cangemi aveva con sé la Colt con matricola abrasa, presa in consegna dai poliziotti e che adesso verrà sottoposta agli esami balistici per comprendere se sia stata usata in altre azioni criminali.
Ieri i pm Maurizio Bonaccorso e Gaetano Bosco, che coordinano l’inchiesta, hanno affidato l’incarico agli specialisti Manfredi Rubino e Giuseppe Lo Re. Sul cadavere, nel frattempo, è stata eseguita una Tac per mettere in luce le lesioni provocate dai colpi di pistola. Gaglio sarebbe stato raggiunto da tre o quattro colpi all’addome, sparati da distanza ravvicinata. Cangemi, che ha 62 anni, si trova in carcere su disposizione del Gip Lorenzo Chiaramonte, che giovedì ha convalidato il fermo sottolineando come il delitto sia «premeditato», studiato nel tempo ed eseguito con freddezza. E cioè, che Cangemi abbia messo in atto il suo piano attendendo al varco il cognato. Il giudice non ha ritenuto di accogliere la tesi del difensore dell’indagato, l’avvocato Salvino Pantuso, secondo il quale il suo assistito sarebbe affetto da gravi problemi di salute mentale.






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