Notizie che si susseguono con ritmi quasi quotidiani. Animali che rimangono vittime del veleno, in genere miscelato a carne. Ratticidi e prodotti di sintesi per l’agricoltura sono i principali imputati sebbene non rappresentino i soli modi di uccidere; la casistita per gli animali d’affezione, purtroppo, è varia ed articolata in funzione dei posti. Chiodi, spugne, pezzi di vetro ed altri strumenti di tortura rendono la vita impossibile agli animali spesso “colpevoli” di essere stati solo abbandonati in strada.

Molto meno conosciuta è invece l’incidenza che la distribuzione del veleno sugli animali selvatici. Grani all’arsenico, come i “tradizionali” strumenti di morte per gli animali domestici, causano altrettante sofferenze, spesso letali, ad uccelli, volpi, piccoli mustelidi ed altri animali ancora. Basti considerare che tra le cause di estinzione o minaccia di molte specie, il veleno occupa una posizione di primo piano. Gli avvoltoi, ad esempio, si sono estinti in numerose aree del nostro paese a causa della distribuzione del veleno.

Come si affronta l’emergenza?. Tranne divieti ricavati a margine di talune disposizioni di legge, l’Italia non ha una legislazione di settore per un problema che ogni giorno miete vittime. Prova ne sia che il Ministero della Salute continua a reiterare un’Ordinanza (cosiddetta antiveleno) con carattere di “urgenza”. Questo, però, farebbe presupporre un intervento eccezionale per un problema che, qualora perdurante, dovrebbe  poi essere sostituito da una legge. In Italia, però, il problema perdura ma la legge non arriva. Solo un provvedimento di tal genere potrebbe, ad esempio, prevedere sanzioni penali e strumenti investigativi adeguati.

L’Ordinanza del Ministero, comunque, fornisce un protocollo d’intervento nel caso vengano trovati i famigerati bocconi avvelenati; un provvedimento che coinvolge anche i Veterinari liberi professionisti. Vi è poi l’obbligo di bonifica e segnalazione del’area avvelenata; compiti, questi ultimi, affidati ai Comuni.

L’ultimo caso del quale si ha notizia, arriva dalla provincia di Frosinone. Le indagini sono indirizzate nel mondo della caccia e dei raccoglitori di tartufi. Il fatto che preoccupa è l’estrema vicinanza alla città (i veleni più diffusamente utilizzati possono essere molto pericolosi anche per l’uomo) oltre che il quantitativo utilizzato. Non qualche polpettina intrisa di veleno (fatto già grave e potenzialmente letale) ma ben cinque chili di carne sistemata all’interno di sei diverse vaschette in polistirolo.

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