di Laura Foti, Soraya Lo Piccolo, Mariasole Salamone 

Zigomi alti, labbra siliconate, naso alla francese; sono questi alcuni degli interventi più richiesti in Italia. Spopola sempre più tra i giovani, e non solo, la dipendenza dalla medicina estetica o dalla chirurgia estetica. Secondo l’ISAPS (2023), l’Italia ha registrato un totale di 528.609 procedure estetiche, suddivise in 259.473 interventi chirurgici e 269.136 trattamenti non chirurgici, collocandosi così tra i primi 10 Paesi al mondo per numero totale di procedure estetiche eseguite nel 2023, con una quota dell’1,5% del totale mondiale. Cosa fa scaturire, anche tra i giovani, la necessità di sottoporsi alla chirurgia estetica? Da dove deriva la continua ricerca di perfezione? Quali sono i suoi effetti? Come trattare una condizione che ha tutte le caratteristiche di una dipendenza? La medicina estetica può essere un grande alleato per sentirsi bene con se stessi, ma è decisamente un’arma a doppio taglio quando si trasforma nella “cura” di un disagio che non ha nulla a che vedere con l’aspetto estetico in quanto è attribuibile a un problema interiore o a una vera e propria patologia come il disturbo da dismorfismo corporeo. Ciò che preoccupa ossessivamente donne e uomini, giovani e adulti, affetti da dismorfofobia è infatti la percezione ingigantita di uno o più difetti o imperfezioni presunti che generano una profonda sofferenza all’idea di apparire “non attraente”, “non giusto/a”, “orribile” “come un mostro”. La percezione ossessiva del difetto coinvolge una o molte aree corporee, quelle più scelte sono la pelle, i capelli, i peli, il naso, il seno, le gambe, la dimensione o la forma del viso, le labbra, i genitali. 

Specialmente fra le giovani, ma non solo, «c’è un incremento di pazienti iper-trattate, soprattutto in giovane età. E questo non va bene», dichiara il presidente della Società Italiana di Medicina Estetica, il dottor Emanuele Bartoletti, interpellato sul tema. Ma si può parlare di dipendenza dei giovani dalla chirurgia estetica o dalla medicina estetica? «Dalla chirurgia forse no, dalla medicina estetica sì – ha risposto l’esperto – e potremmo parlare di dipendenza determinata a sua volta dalla dipendenza dai social. Ci si rivolge alla medicina estetica con il desiderio di aderire a determinati modelli, ma soprattutto per far vedere che lo si è fatto, come chi acquista un vestito di marca e lo vuole ostentare. Anche la medicina estetica è diventata una moda, ragazze di 16, 17 o 18 anni vedono le loro coetanee postare sui social le loro nuove labbra rifatte e vogliono farlo anche loro. È diventato uno status symbol, se non lo fai sei “sfigata”. È un momento in cui bisogna prestare molta attenzione a queste cose. E soprattutto un appello ai genitori: non avallate il desiderio e non regalate labbra rifatte alle vostre figlie».                                                                                                       

Non a caso, quello che inizia come un semplice desiderio di migliorarsi può, col tempo, trasformarsi in un’ossessione. L’ideale estetico, spesso irrealistico e omologante, diventa un traguardo da raggiungere a tutti i costi, anche a scapito della propria autenticità. La perfezione, invece di essere un obiettivo ispiratore, si trasforma in una prigione: chi ne è colpito finisce per non accettarsi mai completamente, trovando sempre un nuovo particolare da sistemare, un altro difetto da eliminare. In questo scenario, l’identità personale viene lentamente sostituita da un’immagine costruita, standardizzata e fragile, alimentata dalla continua esposizione ai modelli proposti sui social e dai like che ne rafforzano la dipendenza. Il soggetto si sente spinto a mettere in atto quelli che poi diventano rituali comportamentali, come controllare ripetutamente allo specchio i difetti percepiti oppure esaminarli direttamente facendosi selfie; fra i sintomi di chi sviluppa una dipendenza dalla medicina e dalla chirurgia estetica il calo dell’umore e la crescita spropositata di ansia. Ci si sente osservati da tutti, si pensa che tutti parlino di “quel difetto” in termini spiacevoli. Per paradosso, in molti casi si è addirittura consapevoli che il difetto in questione non sia poi così grave, ma non si riesce a liberarsi dal pensare ossessivamente a “quel difetto”. Il disturbo è curabile sia con terapia farmacologica che con psicoterapia che con l’associazione di entrambe. Tuttavia, l’idea di poter risolvere il proprio presunto difetto estetico con una manipolazione fisica spinge questi pazienti molto più frequentemente dal medico o dal chirurgo estetico piuttosto che dagli esperti dei disturbi del comportamento.   

Luogo: Educandato Statale Maria Adelaide

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