Ieri, coperta dalla polvere dell’emergenza sanitaria, sulla pagina Facebook dell’Ambasciata russa a Roma è comparso un comunicato del portavoce del ministro della Difesa che si conclude con “Per quanto riguarda i rapporti con i reali committenti della russofobia de La Stampa, i quali sono a noi noti, raccomandiamo loro di fare propria un’antica massima: Qui fodit foveam, incidet in eam (Chi scava la fossa, in essa precipita). Per essere più chiari: Bad penny always comes back”. Non è la solita lamentela di un qualsivoglia commentatore compulsivo, ma è Igor Konashenkov a scriverlo che è portavoce di quel governo che in questo momento ha sul territorio italiano esperti di guerra batteriologica e agenti dei servizi segreti del Cremlino.

 

Il portavoce del governo russo non dice se le accuse di Jacopo Iacoboni, il giornalista de La Stampa a cui si riferisce, siano vere o false e non si scomoda a spiegare come stiano realmente le cose; si limita semplicemente ad usare, con la stampa italiana, il tono che nella Russia di Putin è normalità nel rapporto fra questa ed il Potere, che non l’accetta di buon grado.

 

L’intimidazione come arma politica e come risposta scomposta a una stampa che prova a fare il proprio lavoro senza nessun senso di riverenza nei confronti di nessuno è una cosa inaccettabile.