• L’ex presidente della Provincia propone un piano per il recupero dell’ex carcere borbonico
  • L’idea è di cedere la struttura ad un privato per farci un albergo
  • Questa proposta, secondo Bono, fu bocciata dal Comune di Siracusa nel 2009

“Modificare la destinazione d’uso dell’ex carcere borbonico di Siracusa e procedere senza indugio all’avvio della procedura di individuazione e selezione di un soggetto concessionario che la realizzi a sue spese”. Lo afferma Nicola Bono, ex presidente della Provincia di Siracusa, in merito alla vicenda del sequestro dell’ex carcere borbonico di Siracusa disposto dal Tribunale di Siracusa che paventa un rischio crollo dell’edificio storico, come emerge nell’indagine dei carabinieri e della Procura.

Ipotesi albergo già nel 2008

Il proprietario dell’immobile è il Libero consorzio di Siracusa, insomma l’ex Provincia, ente in dissesto, privo di soldi in cassa, incapace in questi anni di spendere nemmeno un centesimo sull’ex carcere. Bono conosce bene la vicenda ed assicura che, già prima del suo insediamento da presidente della Provincia, nel 2008, l’ente, pure allora in difficoltà economica, aveva chiesto al Comune di Siracusa il cambio di destinazione d’uso dell’edificio, allo scopo di farne un albergo a 5 stelle con investimenti privati.

L’idea del project financing

Secondo quanto sostiene l’ex presidente della Provincia l’ipotesi prospettata al Comune era quella del project financing che avrebbe consentito il restauro dell’ex carcere. “Sarebbe stato tutto a carico del soggetto che si sarebbe aggiudicato la realizzazione del restauro e riuso dell’opera, da eseguire a proprie spese e da gestire per 30-40 anni, pagando un congruo canone annuo all’ente”.

Il no del Comune

“Nel marzo del 2009 il comune decise di respingere tale modifica di cambiamento di destinazione d’uso, senza neanche volerne precisarne la destinazione e lasciandola nel vago concetto di “spazio culturale polivalente” spiega Nicola Bono. Inoltre, “l’amministrazione e il Consiglio comunale di Siracusa, a fronte di una struttura imponente e ammalorata da decenni di abbandono, oltre che dalle conseguenze del terremoto del 1991, sapeva bene che sarebbe occorsa una cifra onestamente al di fuori della portata dell’Ente, nella misura di non meno di 25-30 milioni di Euro e che l’unico modo di salvare il carcere era possibile solo con il ricorso al capitale privato, da mobilitare con la modifica della destinazione d’uso della struttura”.