I vertici del depuratore Ias, che tratta i reflui civili ed i fanghi della zona industriale, hanno predisposto un piano per ridurre i cattivi odori.

Ne dà notizia il presidente dell’Ias, Patrizia Brundo, per cui “l’obiettivo del programma di interventi è una significativa riduzione delle emissioni odorigene dell’impianto da perseguire mediante il confinamento, in misura pari al 90%, delle superfici libere delle sorgenti odorigene censite nello studio di caratterizzazione che I.A.S ha fatto eseguire da società specializzata”.

L’inchiesta

Il depuratore Ias finì nel 2018 nell’inchiesta della Procura di Siracusa sulle emissioni di cattivi odori in cui vennero coinvolte altre società, tra cui Eni, Isab e Sasol, i cui impianti furono prima sequestrati e poi dissequestrati.

Il cronoprogramma

Secondo quanto spiegato dal presidente dell’Ias, Patrizia Bruno, gli interventi da realizzare sono previsti dei fondi del PNRR.

Il cronoprogramma prevede: riduzione emissioni odorigene 12 milioni entro la metà del 2025; nuovo impianto trattamento fanghi 1 milione di euro entro la fine del 2022; miglioramento affidabilità impiantistica 6 milioni entro il 2026; efficientamento energetico 1 milione di euro entro 2025; miglioramenti anti-sismici 1.5 milioni entro il 2025.

Il presidente

“E’ stata colta un’opportunità di sviluppo e innovazione -dice Patrizia Brundo – per una struttura di fondamentale importanza per l’area industriale di Priolo Gargallo e per i comuni interessati, nell’intento di adeguare l’impianto biologico del trattamento delle acque reflue compatibile con il rispetto dell’ambiente e con la sicurezza dei cittadini”.

Secondo quanto sostenuto dal presidente, il piano è stato elaborato da un tavolo tecnico a cui hanno preso parte  il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Bruno Tabacci, le aziende che operano nell’area industriale di Priolo Gargallo ed i sindaci dei Comuni interessati.

“È auspicabile, come evidenziato dal sindaco di Priolo, che l’opportunità offerta dal PNRR possa essere per i territori, le popolazioni che ci vivono e le imprese che vi operano l’inizio di una relazione etica che possa far convivere i processi produttivi nel rispetto di ambiente e salute” conclude Patrizia Brundo.

 

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