Il tribunale di Trapani ha disposto anche la sorveglianza speciale

Confiscata parte del patrimonio al “re” delle scommesse

I giudici della sezione misure di prevenzione del tribunale di Trapani hanno disposto la confisca di parte del patrimonio del cosiddetto re delle scommesse Calogero Jonny Luppino. I sigilli sono stati apposti ad aziende e immobili intestati a Luppino e alla moglie Paola Maggio. Per l’imprenditore, ritenuto “socialmente pericoloso”, è stata decisa anche la sorveglianza speciale per tre anni e mezzo da scontare se diventerà definitiva la condanna subita in primo grado a 18 anni per mafia, estorsione e intestazione fittizia di beni.

Quando ci fu la perquisizione in casa di Luppino i carabinieri trovarono nell’abitazione a Tre Fontane, frazione marinara di Campobello di Mazara, otto lingotti e centinaia di migliaia di euro in contanti. I giudici hanno disposto, invece, il dissequestro delle quote societarie di alcuni titolari quote della società L&G Service che gestiva scommesse on line escludendo di essere stati prestanome di Luppino: Alejandro Prado, Gianmarco Amoroso e Salvatore Giorgi, assistiti dagli avvocati Stefano Santoro e Fabrizio Cavallo.

Dissequestrata la ditta individuale di “Antonino Tumbiolo” con sede Mazara del Vallo e alcuni immobili di Luppino e della moglie. I lingotti erano conservati in cassaforte assieme a 51 mila euro in contanti. Altri duecento mila euro furono rinvenuti nella casa di via Cile nel ripostiglio, in camera da letto e dentro il lavabo del bagno nascosti in dei sacchetti sottovuoto, oltre che in mansarda e in macchina.

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Nel marzo 2021 sequestrati beni per 6 milioni

Nel marzo dello scorso anno, beni per sei milioni di euro vennero stati sequestrati a Calogero Jonn Luppino, ex consigliere comunale di Mazara del Vallo arrestato nel 2019 nel corso dell’operazione Mafiabet.

Nel corso delle indagini nell’operazione Mafiabet i militari avrebbero accertato l’ascesa imprenditoriale di Luppino nel mondo delle scommesse e giochi on-line che sarebbe stata agevolata, secondo quanto accertato dagli investigatori, da esponenti dei mandamenti mafiosi di Castelvetrano e Mazara del Vallo che obbligavano i vari esercizi commerciali del trapanese ad installare le macchinette delle società, pena pesanti ritorsioni. Gli esercizi che invece ha accettato il monopolio poteva godere della “protezione” delle famiglie pronti a punire chi, tra la delinquenza comune, ha preso di mira quegli esercizi commerciali. Così accadeva con un bar della provincia che aveva subito un furto proprio di macchinette per giochi.

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