A volte ritornano, anzi ci si accorge che non sono mai andati via, non sono ma definitivamente spariti. Di più: oltre ad essere vivi e vegeti sono pure al loro posto, lo stesso posto in cui venero scovati venti o trenta anni fa. Un po’ perché delinquere è la loro pratica, un po’ perché sono degli specialisti tra virgolette. Come sanno fare le cose loro, nessuno.

Operazione antimafia Kronos 

Retorica a parte, ha fatto scalpore tra i vecchi cronisti  – i nuovi non sanno chi fosse – sentire ancora il nome di Pippo Mirenna tra le persone fermate ieri dai carabinieri del Ros. Il vecchio Pippo Mirenna, l’uomo che è stato più volte definito il Siino, il ministro dei lavori pubblici della mafia, ma della Sicilia orientale.

Paternese di origine, collaborante a convenienza, è stato sulla breccia dell’onda per trent’anni almeno, occupandosi sempre di infiltrazioni mafiose (il suo ramo di competenza) negli appalti pubblici.

28 persone fermate: I NOMI

E ancora nel 2016 indicato dal nuovo capo della mafia catanese Francesco Santapaola (figlio di Colluccio) cugino con Benedetto, quale “esperto” di appalti pubblici. E’ lui che per conto della famiglia catanese di Cosa nostra, per la sola parte che riguarda Catania e provincia, ad eccezione dunque del calatino e del comprensorio di Lentini, a muovere le fila delle estorsioni agli imprenditori impegnati nella realizzazione delle commesse pubbliche. E’ lui che decide, che “sistema” che organizza tutto ciò che di altamente criminale si muove attorno alle opere pubbliche. Ieri mattino è tornato nella patrie galere.

Di Mirenna si potrebbe scrivere un libro. Presidente del Paternò Calcio durante gli anni novanta venne arrestato nel 1993 per ricettazione in quanto venne trovata merce rubata nei grandi supermercati “Super Esse” controllati dalla famiglia Santapoala ed in particolare da Aldo Ercolano, il cui amministratore delegato era proprio Mirenna. Roba di poco conto. Cinque anni dopo le manette si strinsero ai polsi di Mirenna, era il mese di giugno, durante un banchetto nuziale. Due carabinieri si avvicinarono al tavolo di Pippo Mirenna e gli chiesero di seguirlo per notificargli un mandato di cattura. L’operazione era stata denominata “Orione”. Lui non perse tempo e all’allora pm Nicolò Marino avanzo la richiesta di collaborare con la giustizia. Senza mai però rivelare sino in fondo i segreti della mafia di Paternò e quella di Nitto Santapaola.

La faida pronta a scoppiare in Sicilia Orientale 

Il suo nome spunta anche nell’affare per la costruzione dell’ospedale Garibaldi che secondo l’ex presidente della Regione Rino Nicolosi, in parte reo-confesso, sostenne che l’appalto per il primo lotto fu fatto vincere al consorzio di imprese della Iter Ravennate in cambio di tangenti…”.

E da qui una sventagliata di subappalti soprattutto per le imprese di movimento terra che, guarda caso, erano tutte suggerite da Mirenna che nel processo per lo scandalo ebbe un ruolo particolare. Fu lui, rivelerà poi in una fase del dibattimento l’imbroglio per la realizzazione del secondo lotto del Garibaldi dalla quale fu fatta fuori la Fratelli Costanzo (vincitrice della commessa) per eccesso di ribasso per assegnare la commessa alla terza classificata che prese i lavori. Era la “CGP Costruzioni” dell’ ingegnere Giulio Romagnoli, lombardo ma con buoni agganci in Sicilia. Come scavalcò le altre due l’ impresa di Milano? Ci fu una sostituzione di buste. Ci fu un imbroglio. Che fu scoperto proprio grazie alle confessioni di quel Giuseppe Mirenna, il “ministro” dei Lavori Pubblici di Cosa nostra catanese – confessioni che portarono tanti guai agli uomini politici.

Era stato il “ministro” Mirenna “a fare conoscere” l’ex senatore Pino Firrarello, l’ex sottosegretario Stefano Cusumano, e l’allora assessore regionale Giuseppe Castiglione a Giulio Romagnoli per “farli discutere di affari”. L’ incontro avvenne all’ Hotel Nazionale di Roma nell’ ottobre del 1997, dove fu trovato un “accordo” che portò alla realizzazione dell’ospedale nel quartiere di Nesima.

Azzerati i vertici di Cosa Nostra 

Due anni dopo quell’appalto Mirenna appese le scarpe al chiodo destinando il suo tesoro di imprenditore al nipote Giuseppe Caruso che però nel breve volgere di pochi anni finì sotto inchiesta col sequestro del suo forziere la Md-Sistem per 590 miliardi delle vecchie lire.

Poi un lungo silenzio fino al 2008 quando a 56 anni Pippo Mirenna da Paternò finisce nuovamente nei guai. L’operazione che lo trascina nuovamente in carcere – siamo nel 2008 – è “Padrini” e lui è ritenuto dai magistrati della direzione distrettuale antimafia come lo ”storico appartenente alla cosca di Paternò specializzato nel settore degli appalti pubblici”.

La vicenda processuale si conclude con una condanna in abbreviato a un anno e 8 mesi di carcere. Poi ritorna in libertà e rimette le mani nelle cose che sa fare, gli appalti. Questa volta a chiamarlo è Francesco Santapaola, figlio di “Colluccio”, il reggente finito in carcere ieri, assieme al ministro degli affari pubblici della mafia. Lo storico Pippo Mirenna.

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