Rivolta ad Alessandria e Ariano Irpino: detenuti devastano carceri, agenti feriti e droni con droga intercettati.
Nella notte del 28 marzo il carcere Don Soria di Alessandria è diventato teatro di una violenta rivolta che ha messo in ginocchio il personale penitenziario.
Tre detenuti marocchini, reclusi nella stessa cella, hanno scatenato il caos: hanno devastato il loro spazio e attaccato gli agenti della polizia penitenziaria con secchi pieni di una miscela tossica composta da acqua, sapone, detersivi e disincrostanti per wc. Il bilancio è pesante: dieci agenti feriti, uno dei quali con gravi danni alla retina, trasportati d’urgenza in ospedale.
Ariano Irpino: una notte di fuoco e barricate
A poche ore di distanza, un altro drammatico evento ha scosso il carcere di Ariano Irpino, in provincia di Avellino. Qui, nella notte tra il 27 e il 28 marzo, circa cinquanta detenuti hanno dato vita a una rivolta che ha trasformato l’ottava sezione in un campo di battaglia. Tutto è iniziato quando gli agenti sono intervenuti per soccorrere un detenuto che aveva tentato di impiccarsi. Approfittando della confusione, i reclusi hanno disarmato gli agenti, sottraendo loro le chiavi della sezione. Armati di bastoni e mazze, hanno appiccato un incendio, devastato i locali e si sono barricati all’interno, tenendo in scacco le autorità per ore. Solo all’alba, dopo una lunga trattativa guidata dalla provveditrice regionale Lucia Castellano e dalla direttrice del carcere, i rivoltosi hanno ceduto.
Il drone della discordia: il preludio ai disordini
Le indagini condotte dalla Procura di Benevento e dal provveditore dell’amministrazione penitenziaria della Campania suggeriscono che la rivolta di Ariano Irpino possa avere radici più profonde. Due giorni prima, il 26 marzo, gli agenti avevano intercettato un drone carico di droga e telefoni cellulari, diretto ai detenuti. Il sequestro, che ha bloccato un canale di approvvigionamento illecito, potrebbe aver acceso la miccia della protesta.
Agenti sotto attacco
Ad Alessandria, l’aggressione ai danni della polizia penitenziaria ha lasciato segni tangibili. I dieci agenti feriti hanno dovuto affrontare non solo la violenza fisica, ma anche il rischio chimico della miscela lanciata dai detenuti. Uno di loro, colpito agli occhi, ha riportato danni alla retina, una lesione che potrebbe compromettere permanentemente la sua vista. Ad Ariano Irpino, invece, gli agenti sono stati sopraffatti numericamente, privati delle armi e costretti a fronteggiare un’orda armata senza adeguate difese.
La risposta delle autorità: trasferimenti e indagini
Dopo ore di tensione, ad Ariano Irpino l’ordine è stato ristabilito con l’intervento di rinforzi provenienti da altre carceri della Campania. Nelle ore successive, una ventina di detenuti, identificati come i capi della rivolta, sono stati trasferiti in altri istituti penitenziari della regione. La provveditrice Lucia Castellano ha preso in mano la situazione, analizzando i filmati delle telecamere di sorveglianza per ricostruire la dinamica degli eventi. Intanto, la Procura di Benevento ha aperto un’inchiesta per chiarire le responsabilità e verificare eventuali connessioni tra il tentativo di suicidio, il sequestro del drone e la ribellione. Ad Alessandria, le indagini proseguono per identificare le motivazioni dei tre detenuti marocchini e valutare se l’attacco fosse premeditato.
Un sistema al collasso: le carceri italiane sotto pressione
Questi episodi non sono isolati, ma rappresentano l’ultimo grido d’allarme di un sistema carcerario al limite. In Italia, il sovraffollamento, la carenza di personale e la difficoltà di gestire detenuti con background diversi – spesso coinvolti in reti criminali internazionali – sono problemi cronici. Il caso del drone ad Ariano Irpino richiama l’attenzione sul fenomeno dei traffici illeciti, che trovano nelle prigioni un terreno fertile. La mafia marocchina, nota per il suo ruolo nel traffico di droga in Europa, potrebbe essere un attore silenzioso dietro questi eventi, come suggeriscono recenti studi sul crimine organizzato transnazionale. La rivolta di Alessandria, con i suoi protagonisti marocchini, alimenta ulteriori sospetti.






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