Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, in occasione del quarantesimo anniversario dell’eccidio mafioso del Vicequestore Antonino “Ninni” Cassarà e dell’agente Roberto Antiochia, avvenuto a Palermo il 6 agosto 1985, intende rendere omaggio alla memoria di due servitori dello Stato la cui lezione di coraggio e fedeltà istituzionale rappresenta, ancora oggi, una bussola etica per le nuove generazioni.
Ricordare non è solo un dovere, ma un atto politico e pedagogico. Il barbaro agguato che si consumò nel cortile di Viale Croce Rossa non fu solo un attacco alla persona, ma un tentativo di piegare lo Stato e spegnere la speranza. Oltre duecento colpi di kalashnikov esplosi da un commando mafioso per zittire chi stava scoperchiando, con metodo e determinazione, il cuore oscuro di Cosa Nostra. Ma quel boato, invece di annientare, ha continuato a riecheggiare, trasformandosi in eco civile.
Cassarà, figura chiave nelle indagini che portarono al Maxiprocesso, era un investigatore lucido, consapevole, alleato del pool antimafia in un tempo in cui scegliere da che parte stare significava esporsi senza riserve. Antiochia, poco più che ventenne, tornato volontariamente in servizio dopo l’uccisione del commissario Beppe Montana, dimostrò che la giovinezza può farsi responsabilità, e l’impegno civile può battere l’indifferenza.
In quell’abbraccio fotografato sulle scale, tra il corpo morente di Cassarà e la disperazione della moglie, si concentra il dolore di un Paese, ma anche la chiamata a non dimenticare. La memoria, per noi docenti e per ogni cittadino consapevole, non è un esercizio di nostalgia, ma un cantiere aperto: luogo di formazione alla legalità, alla giustizia, alla resistenza morale.
Per questo, oggi più che mai, è fondamentale ripensare e riproporre la narrazione di questi eventi dentro le scuole, nelle aule, nei luoghi di educazione. Parlare di Cassarà e Antiochia non è commemorazione, è costruzione di cittadinanza. È dire con chiarezza che la lotta alla mafia non è finita, che ogni silenzio complice è un pericolo, che la legalità è un bene comune che va coltivato ogni giorno, anche con piccoli gesti.
Invitiamo i docenti di ogni ordine e grado a dedicare un momento, oggi, alla riflessione su questa pagina di storia. A rileggere insieme ai propri studenti le biografie di Cassarà e Antiochia come esempi di scelta, non di destino. A farne simboli non solo della lotta alla mafia, ma di una più ampia pedagogia dei diritti umani, contro ogni forma di abuso, prevaricazione e violenza organizzata.
La scuola è il primo presidio civile contro la cultura mafiosa, che si nutre di rassegnazione e silenzi. Sta a noi trasformare il ricordo in responsabilità.
prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU

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