Un articolo equilibrato, frutto di un confronto trasparente, votato all’unanimità in Commissione Bilancio e sostenuto dal Sindacato della Stampa parlamentare. Eppure è bastato il solito voto segreto, esercitato nella penombra dei “giochi di Palazzo”, per affossare l’articolo 2 della manovra ter: quello che istituiva un fondo da 4 milioni per il sostegno all’editoria. Una misura che, per la prima volta, subordinava l’accesso ai contributi pubblici all’assunzione di almeno due giornalisti contrattualizzati per ogni testata. Una clausola che univa dignità del lavoro e tutela della qualità dell’informazione.
A volerlo con forza era stato anche il presidente della Regione, Renato Schifani, che adesso assicura: «Lo riproporremo a settembre nella manovra quater». Ma il dato politico resta: la norma è stata abbattuta su richiesta dell’opposizione e grazie ai franchi tiratori. Una sconfitta che brucia non solo per il governo, ma soprattutto per chi ogni giorno lavora nei giornali locali, nei siti indipendenti, nei progetti editoriali che faticano a reggersi in piedi senza precarietà.
A nulla è servito il sostegno del leghista Vincenzo Figuccia, che ha definito la bocciatura «un’occasione mancata per tutelare i giornalisti». Né le parole di ringraziamento che la stampa parlamentare ha rivolto a Schifani, all’assessore Dagnino e ai membri della Commissione per avere ascoltato le proposte dei cronisti parlamentari. Il Parlamento siciliano ha scelto un’altra strada: ha lasciato cadere nel silenzio l’unico articolo della manovra pensato per garantire pluralismo, occupazione qualificata e difesa del diritto a un’informazione libera e strutturata.
Una sconfitta che pesa di più perché maturata nel contesto di una seduta ad alta tensione. Dopo giorni di ostruzionismo — con 1.200 emendamenti e il rischio di discussioni infinite — Schifani ha attivato per la prima volta la “tagliola”: uno strumento mutuato dal Senato che impedisce la discussione sugli emendamenti e ne prevede solo la votazione secca. Una mossa inedita all’ARS, duramente contestata dall’opposizione ma difesa dal presidente come necessaria per “non bloccare il Parlamento”.
Il clima era già rovente. Si è arrivati al faccia a faccia nei corridoi tra Schifani e il segretario generale dell’ARS, Fabrizio Scimè, che avrebbe espresso dubbi sulla procedura. La risposta, secondo i racconti in aula, sarebbe stata una rivendicazione di autorità ed esperienza da parte del presidente della Regione. Il resto è storia nota: la tagliola passa, l’opposizione si spacca, e il governo prende il largo.
Ma proprio in quella giornata segnata da prove muscolari e tensioni parlamentari, a essere colpita è stata una norma che non divideva. una norma tecnica, ponderata, condivisa. E forse proprio per questo pericolosa, in un’assemblea dove la logica del sospetto prevale su quella del merito e il voto segreto resta il rifugio prediletto di chi non vuole metterci la faccia.
Non è un caso isolato. È il sintomo di un clima politico in cui la sostanza viene sacrificata alla forma, in cui le dichiarazioni roboanti cancellano il lavoro negoziale e in cui le decisioni più importanti si prendono dietro le quinte. Mentre si discute di tutto e di questioni urgenti e spesso realmente meno urgenti si ignora che un sistema democratico ha bisogno anche di informazione libera, professionale, sostenibile.
In questo caso, il voto segreto ha protetto chi ha deciso di dire no. Ma non proteggerà dalla responsabilità. Perché l’affossamento dell’articolo 2 non è solo una sconfitta per il governo. È una sconfitta per il Parlamento siciliano. E per tutti quei cittadini che, ancora, credono che la verità vada cercata, raccontata e difesa. Anche — e soprattutto — dentro le istituzioni.
La manovra ter comunque va avanti, oggi sono attese le votazioni su alcune delle norme più rilevanti e controverse: i 95 milioni per i debiti pregressi di Eas e Sicilia Digitale, i 66 milioni per incentivare i medici nella riduzione delle liste d’attesa e i 13 milioni per l’acquisto dell’immobile di via Cordova a Palermo. In calendario anche le norme su scuolabus, videosorveglianza comunale e stabilizzazioni nei consorzi di bonifica.






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