In Sicilia, l’inizio dell’anno scolastico dovrebbe profumare di quaderni nuovi, di zaini colmi di sogni, di voci che si ritrovano tra i banchi. Dovrebbe essere così per tutti. Ma per molti bambini con disabilità, settembre rischia di arrivare con una porta chiusa in faccia. Una porta che si chiama “esclusione”. Una porta che si chiama “comma 1”.
La Regione Siciliana, con le sue “Linee guida sul diritto allo studio”, ha stabilito che il servizio Asacom – ovvero gli Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione – sarà garantito solo agli alunni con disabilità grave, certificata ai sensi dell’art. 3, comma 3 della Legge 104/1992.
E chi è “solo” al comma 1? Niente. Escluso. Invisibile. Anche se ha l’ADHD. Anche se ha disturbi del comportamento. Anche se non riesce a stare in classe da solo. Anche se, senza quell’aiuto, la scuola diventa un luogo di frustrazione, solitudine, insuccesso.
Non è un dettaglio tecnico. È una scelta politica.
E, diciamolo chiaramente: è una scelta ingiusta.
Bambini con poche ore di sostegno, su una settimana di quaranta, si ritrovano senza nessuno che li aiuti a comunicare, a comprendere, a essere parte del gruppo. Non stiamo parlando di un privilegio, ma di un diritto costituzionale. Il diritto allo studio. Il diritto all’inclusione. Il diritto a non essere discriminati in base al tipo di certificazione che si ha.
Serve davvero un giudice per ribadire che ogni bambino ha diritto a essere incluso?
Purtroppo sì. È quello che sta accadendo in diverse province siciliane, come a Marsala, dove il Tribunale ha dato ragione ai genitori di Federico – un bambino con disabilità “lieve” – e ha obbligato il Comune a riattivare il servizio di assistenza. Perché i diritti non sono un lusso. Non possono dipendere dai bilanci. Non possono essere selettivi.
Se un giudice riconosce ciò che le istituzioni non garantiscono, allora è evidente: la politica ha fallito.
Dove sono i Sindaci?
È tempo che i sindaci, gli assessori ai servizi sociali e i dirigenti scolastici si facciano sentire. È tempo che la Sicilia – la terra dell’accoglienza, della generosità, della solidarietà – smetta di classificare i suoi bambini come “di serie A” e “di serie B”.
I sindaci devono fare rete, devono chiedere insieme alla Regione una modifica immediata delle linee guida. Devono pretendere che il servizio Asacom venga garantito a tutti i bambini che ne hanno bisogno, indipendentemente dal “comma” sulla loro certificazione.
Perché non c’è nulla di più ingiusto che negare un diritto a un bambino solo perché non rientra nei parametri burocratici.
La scuola va supportata. I genitori vanno supportati. I bambini vanno tutelati.
L’inclusione non è una parola da convegno, è un impegno quotidiano. È una figura che prende per mano un bambino che non riesce a parlare. È uno sguardo che lo rassicura quando si sente diverso. È una presenza che lo aiuta a restare in classe, a imparare, a sentirsi parte di qualcosa.
In questa Sicilia che si prepara a un nuovo anno scolastico, abbiamo un’occasione: essere un modello. Un esempio di civiltà, di coraggio, di umanità.
Non possiamo più aspettare. La battaglia per l’inclusione non si rimanda, non si scarica sulle famiglie, non si lascia ai tribunali. Va combattuta adesso, con determinazione e con amore. Perché il futuro si costruisce sui banchi di scuola, ma solo se tutti i bambini possono sedersi lì, senza distinzione.
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