Stava cominciando la sua giornata di lavoro e dopo aver posteggiato lo scooter è stato raggiunto da quattro colpi di pistola. E’ passato un mese da quando il 15 settembre scorso Stefano Gaglio, magazziniere della farmacia “Sacro Cuore” di piazza Principe di Camporeale, è stato strappato alla vita: “Un mese che casa nostra non è più casa nostra”, scrivono i familiari. Trenta giorni dopo l’ennesimo omicidio di cui Palermo è stata protagonista gli affetti più cari, ormai orfani di un marito, di un papà e di un affetto, si lasciano andare ad alcune riflessioni.
I pensieri dei familiari
L’ennesimo conto pagato con la vita. A Palermo si torna a sparare e a piangerne le conseguenze sono i membri della famiglia: vengono ricordati i gesti quotidiani, come il lasciare le figlie a scuola di prima mattina o il ritorno a casa dopo i weekend delle figlie. A questi, si mescolano tutti i sentimenti, rabbia e dolore di un papà portato via.
“Un mese che non sei più con me, con noi, con tutte le persone che ti amano. Un mese che non c’è più la tua presenza. un mese che non possiamo essere cane e gatto. Un mese che non mi lasci la mattina a scuola. Un mese che non mi vieni a prendere il sabato sera e non potrai più farlo. Un mese che casa nostra non è più casa nostra un mese di silenzio. Un mese da quando la feccia di Palermo, sto fango, bastardo, infame e debole ti ha strappato da me. Un mese che manca l’aria a tutti. Un mese che viviamo di rabbia. Un mese che l’agonia ci sta mangiando vivi. un mese che non sento più la tua presenza e la tua voce. Un mese che non ci sei più. Un mese che non sono più io. Un mese che Stefano non c’è più, ma non c’è più nemmeno Aurora. Ti farò giustizia in un modo o nell’altro. Oggi domani e per sempre ti amo” si legge in un post pubblicato tramite i social.
L’omicidio di via Oberdan
Stefano Gaglio, 39 anni, è stato ucciso con diversi colpi di pistola davanti alla farmacia Sacro cuore, dove lavorava come magazziniere. Gaglio, sposato e con due figlie, alle prime luci del mattino era arrivato con lo scooter in via Oberdan dopo aver accompagnato una delle bambine a scuola. L’aggressore, Giuseppe Cangemi di 62 anni e cognato della vittima e reo confesso, gli avrebbe sparato alle spalle con una revolver calibro 38.
Il tutto per una casa. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il movente è ricollegato ad una controversia economica: la casa di via Nicolò Cervello, nel cuore della Kalsa, era stata donata alle nipoti di Cangemi scaturendo rabbia e spingendolo ad organizzare un agguato al cognato.






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