La Procura di Monza ha chiesto nove mesi di reclusione per Marco Castoldi, in arte Morgan, con l’accusa di oltraggio a pubblico ufficiale. L’episodio contestato risale al giugno del 2019, in occasione dell’esecuzione dello sfratto dalla sua abitazione di Monza, un momento che lo stesso cantautore ha descritto come “il giorno più nero” della sua carriera.

Durante quell’evento, carico di tensione e molto seguito dai media, Morgan avrebbe insultato gli agenti intervenuti, utilizzando espressioni ritenute offensive e lesive della loro funzione. Ora, dopo anni di dibattimento, il procedimento è arrivato alle battute finali: la sentenza è attesa per il 17 novembre.

Le accuse: parole offensive e comportamento lesivo

Secondo la ricostruzione dell’accusa, durante l’esecuzione dello sfratto, Morgan avrebbe offeso pubblicamente alcuni poliziotti presenti, apostrofandoli con termini come “mostri”, “ignoranti”, “ridicoli”, “boia” e “becchini”.

La Procura ha ritenuto queste parole un’offesa grave, tale da giustificare la richiesta di una condanna a nove mesi di reclusione. Gli agenti, in seguito all’episodio, presentarono denuncia, dando il via al procedimento penale per oltraggio a pubblico ufficiale.

Il pubblico ministero ha sostenuto che l’artista, pur vivendo un momento di difficoltà personale, avrebbe superato i limiti della libertà di espressione, colpendo direttamente la dignità e il ruolo istituzionale dei pubblici ufficiali impegnati nel rispetto di un provvedimento giudiziario.

La difesa: “parole dettate dalla sofferenza, non un attacco agli agenti”

Nel corso del processo, la difesa di Morgan, affidata all’avvocato Roberto Iannaccone, ha offerto una lettura completamente diversa dei fatti. Il cantante, secondo il legale, non avrebbe nemmeno riconosciuto gli agenti, che quel giorno indossavano abiti civili, e avrebbe rivolto le sue critiche all’acquirente dell’immobile e all’ufficiale giudiziario, non alla polizia.

La strategia difensiva ha sottolineato lo stato di sofferenza psicologica in cui versava l’artista: quella casa, ha spiegato Morgan, non era solo un’abitazione ma anche uno studio di registrazione, uno spazio personale e professionale carico di significato.

“Le parole pronunciate erano sarcastiche e teatrali, frutto della frustrazione”, ha affermato l’avvocato Iannaccone, cercando di smontare l’accusa di volontà offensiva. L’obiettivo, ha aggiunto, non era colpire la funzione pubblica, ma manifestare la propria disperazione in un momento di crisi.

Un episodio simbolico nella parabola di Morgan

L’episodio del 2019 rappresenta uno dei momenti più drammatici e pubblici della vita di Morgan. Ripreso dalle telecamere e rilanciato sui social, lo sfratto ha assunto i contorni di un crollo emotivo in diretta, alimentando discussioni e polemiche sulla condizione personale e professionale del cantante.

Lontano dalla musica e dai palchi, Morgan si è ritrovato al centro di una vicenda giudiziaria che lo vede oggi in attesa di una sentenza. Il processo, celebrato davanti al Tribunale di Monza, ha visto nelle ultime udienze l’ascolto dei testimoni e l’acquisizione di filmati, compresi quelli diffusi all’epoca dai media.

Verso la sentenza: il 17 novembre il verdetto

Il giudice del Tribunale di Monza ha fissato la data della sentenza per il 17 novembre. Fino ad allora, Morgan resta imputato per oltraggio a pubblico ufficiale, in attesa di sapere se dovrà affrontare una condanna penale o se verrà riconosciuta l’attenuante della situazione emotiva.

Per l’artista, si tratta di un nuovo capitolo difficile in una carriera fatta di alti e bassi, tra talento, provocazioni e fragilità.