Una vicenda rara, quasi paradossale, che tocca un tema antichissimo: il diritto al sepolcro, che per i giudici “nella sua dimensione ereditario-affettiva, costituisce parte integrante dei diritti inviolabili della persona di cui all’art. 2 della Costituzione”. Con una nuova sentenza, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha condannato il Comune di Palermo a dare immediata esecuzione a un precedente pronunciamento rimasto lettera morta.
La storia: la concessione “scaduta” dopo 50 anni e la battaglia della famiglia
Tutto nasce dalla revoca della concessione cimiteriale di una cappella gentilizia al cimitero dei Rotoli. Secondo l’amministrazione comunale, trascorsi 50 anni, la concessione doveva considerarsi estinta perché “il corpo è diventato ossa” e dunque il sepolcro doveva tornare nella disponibilità del Comune.
La famiglia, però, si era già espressa sul tema: l’8 aprile 2008 aveva tumulato nella cappella i resti della madre della ricorrente, azione che per il Tar costituiva una tumulazione a tutti gli effetti e quindi idonea a interrompere il decorso del cinquantennio.
Il Tar aveva dato ragione alla donna nel 2024.
Il Comune aveva fatto appello, sostenendo che la tumulazione valesse solo per i cadaveri e non per i resti ossei.
Il Cga, con sentenza definitiva del 2024, aveva respinto il ricorso.
Ma da allora nulla è accaduto.
Il Comune non esegue la sentenza: arriva il ricorso per ottemperanza
La ricorrente è tornata davanti ai giudici perché, nonostante la sentenza fosse stata notificata il 28 novembre 2024, il Comune non aveva ripristinato la concessione né consentito il riposizionamento dei resti nel loculo familiare.
Il Cga, nella sentenza di ottobre 2025, è stato netto: l’amministrazione è obbligata a eseguire integralmente il giudicato, senza alcun margine discrezionale.
La frase che fa giurisprudenza
Nella motivazione spicca il passaggio destinato a far discutere giuristi e amministratori: “Il diritto al sepolcro […] tutela non solo il corpo del defunto, ma il legame spirituale che unisce i suoi congiunti e la collettività nel sentimento di pietas”.
Una formulazione che amplia il significato del sepolcro da semplice luogo fisico a simbolo identitario, familiare e comunitario.
Il Cga ordina: restituzione della cappella entro 30 giorni
Il Consiglio ha fissato 30 giorni di tempo al Comune per:
- ricostituire la concessione della cappella;
- consentire il riposizionamento dei resti della defunta nel loculo di spettanza.
- In caso di ulteriore inerzia, scatterà l’intervento del Prefetto di Palermo in qualità di commissario ad acta, con un compenso di 2.000 euro a carico dell’amministrazione comunale.
Una sentenza che diventa notizia
Il caso diventa così una notizia curiosa e giuridicamente significativa: un contenzioso su una cappella gentilizia che si trasforma in un principio costituzionale ribadito con forza, richiamando il valore antico della pietas e l’obbligo dello Stato di rispettare e proteggere la memoria familiare.






Commenta con Facebook