Il Rapporto SVIMEZ 2025 consegna un’immagine del Mezzogiorno intrinsecamente contraddittoria, in cui i tradizionali indicatori macroeconomici di successo – incremento del PIL, aumento degli occupati, accelerazione degli investimenti pubblici – convivono con la persistenza, e in alcuni casi l’acutizzarsi, di forme strutturali di impoverimento materiale e demografico. La crescita registrata nelle regioni meridionali, superiore in termini percentuali a quella del Centro-Nord, non si configura come sviluppo reale, ma come mera espansione quantitativa priva di un corrispondente avanzamento nelle condizioni di vita, nella qualità del lavoro e nella capacità dei territori di trattenere il proprio capitale umano. 

Il nodo concettuale, che il Rapporto evidenzia con particolare nettezza, sta nella dissociazione tra crescita del prodotto e qualità dell’occupazione. L’aumento degli occupati nel Mezzogiorno si accompagna infatti all’estensione del cosiddetto “lavoro povero”: una quota significativa di lavoratori, pur formalmente inseriti nel mercato del lavoro, permane in una condizione reddituale incompatibile con l’accesso pieno ai diritti sociali fondamentali. Ciò attesta che la dinamica in atto non è quella di una vera modernizzazione del tessuto produttivo, ma piuttosto di una sua precarizzazione diffusa, in cui l’occupazione si addensa nei segmenti meno qualificati, meno protetti e meno remunerati. 


A questa dimensione economica si intreccia una traiettoria demografica altrettanto allarmante. Il Mezzogiorno continua a sperimentare una fuoriuscita costante di giovani, in particolare laureati, che assumono in modo sempre più marcato le caratteristiche di un esodo strutturale. Non si tratta di una mobilità temporanea o circolare, ma di un processo di de-radicamento che svuota progressivamente le regioni meridionali delle loro risorse cognitive più preziose. La coesistenza di crescita del PIL e di intensa emigrazione giovanile segnala, con evidenza difficilmente eludibile, il fallimento delle politiche nazionali nel ridurre i divari territoriali: il capitale finanziario affluisce, il capitale umano si ritrae. 


In questo quadro Palermo assume il valore di caso paradigmatico, in cui la distanza tra l’ammontare delle risorse assegnate e la percezione diffusa di immobilismo socio-economico risulta particolarmente evidente. La città si colloca pienamente dentro la logica descritta dal Rapporto SVIMEZ: beneficia di flussi consistenti di finanziamenti straordinari, ma fatica a tradurli in un rafforzamento stabile della propria base produttiva, in un miglioramento significativo dei servizi essenziali e in un innalzamento delle prospettive di vita delle giovani generazioni.  

Per Palermo, come per l’intero Mezzogiorno, la sfida che discende dal Rapporto SVIMEZ può essere così formulata: uscire dalla logica emergenziale e frammentaria della spesa per approdare a un uso selettivo e coerente delle risorse, capace di incidere sui nodi strutturali che tengono l’area in una condizione di subalternità.  


Il Rapporto SVIMEZ 2025 non si limita a registrare il paradosso di un Mezzogiorno che cresce senza emanciparsi; esso delinea, seppur in forma sintetica, alcune traiettorie di intervento per quanto concerne le politiche di spesa pubblica nel Sud. In primo luogo, il rapporto insiste sulla necessità di consolidare e prolungare oltre l’orizzonte del PNRR gli investimenti in infrastrutture sociali – asili nido, edilizia scolastica, sanità territoriale – che hanno mostrato di poter ridurre, seppur parzialmente, il divario nei servizi essenziali tra Mezzogiorno e Centro-Nord. 

In secondo luogo, il Rapporto individua come decisiva una ricomposizione strategica delle politiche industriali e di coesione, indicando la ZES Unica meridionale quale potenziale laboratorio di rafforzamento delle filiere produttive ad alta domanda di lavoro qualificato. 


Infine, il documento richiama espressamente la necessità di politiche che rendano effettivo il “diritto a restare”, attraverso il potenziamento duraturo delle infrastrutture sociali; il rafforzamento dei segmenti produttivi ad alto coefficente tecnologico; l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro e ai luoghi decisionali; l’investimento nel sistema universitario come infrastruttura di innovazione diffusa.  

Il rapporto SVIMEZ consegna a Palermo, come a ogni amministrazione meridionale, una lezione inequivocabile: la crescita nominale non è sviluppo. I miliardi che arrivano sulle scrivanie dei dirigenti comunali e regionali rappresentano, per la prima volta in decenni, un’occasione genuina di rottura rispetto al passato: il punto è imparare a spenderli per ridare dignità ai cittadini comuni. 

Elio Ficarra, ex consigliere comunale

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