Dalla costa orientale della Sicilia potrebbe arrivare una svolta nello studio dei Bronzi di Riace. La Regione Siciliana ha infatti annunciato l’imminente avvio di una campagna di archeologia subacquea nei fondali di Brucoli, nel Siracusano, con l’obiettivo di approfondire alcune evidenze scientifiche che riaprono il dibattito su una possibile origine siciliana delle celebri statue.
L’incontro a Siracusa
L’iniziativa è stata illustrata al Teatro comunale di Siracusa dal dirigente generale del Dipartimento regionale dei Beni culturali, Mario La Rocca, nel corso di un incontro dedicato alla presentazione di una ricerca apparsa sull’Italian Journal of Geosciences, prestigiosa pubblicazione della Società Geologica Italiana. Le operazioni in mare saranno affidate alla Soprintendenza del mare e si concentreranno nello specchio d’acqua antistante Brucoli.
Lo studio
Lo studio nasce da un lavoro interdisciplinare che ha coinvolto quindici studiosi, tra archeologi, geologi, storici, paleontologi, biologi marini e specialisti di archeologia subacquea e metallurgia antica. Al progetto hanno partecipato docenti di sei università italiane: Catania, Ferrara, Cagliari, Bari, Pavia e Calabria.
L’ipotesi siciliana
Al centro della ricerca torna la cosiddetta “ipotesi siciliana”, avanzata negli anni Ottanta dall’archeologo statunitense Robert Ross Holloway. Secondo questa interpretazione, i Bronzi sarebbero finiti in mare in Sicilia durante i convulsi spostamenti successivi alla caduta di Siracusa nel 212 a.C., per poi essere trasferiti e nascosti nei fondali di Riace in attesa di una probabile esportazione clandestina. Una teoria rilanciata negli anni anche dallo studioso siracusano Anselmo Madeddu nel saggio Il mistero dei Guerrieri di Riace: l’ipotesi siciliana.
Il lavoro
Il lavoro scientifico, coordinato dal geologo Rosolino Cirrincione dell’Università di Catania, si articola su più fronti. Un primo filone ha analizzato le terre utilizzate durante la realizzazione delle statue, distinguendo chiaramente i materiali impiegati nella fusione da quelli usati per le saldature. Le argille delle saldature sembrerebbero provenire da un’area vicina al fiume Anapo, mentre le terre di fusione, ricche di frammenti granitoidi, mostrano affinità con i sedimenti del delta del Crati, in Calabria. Da qui l’ipotesi che le statue siano state realizzate in parti separate in un’officina dell’area di Sibari e successivamente assemblate ed esposte a Siracusa.
Le tracce
Un secondo ambito di studio ha riguardato le tracce lasciate dalla lunga permanenza in mare. L’analisi delle patine superficiali suggerisce che i Bronzi siano rimasti per un periodo molto breve nei bassi fondali di Riace, a circa otto metri di profondità, poco prima della scoperta del 1972. Diversamente, le incrostazioni biologiche rinvenute sulle superfici indicano una sosta prolungata in ambienti marini più profondi, tra i 70 e i 90 metri, compatibili con le caratteristiche dei fondali al largo di Brucoli.
Elementi che ora la Regione intende verificare direttamente sul campo, aprendo una nuova fase di ricerca che potrebbe contribuire a riscrivere una parte della storia dei capolavori simbolo dell’archeologia mediterranea.






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