“Le indagini sono state condotte in modo approssimativo, con gravi lacune e senza un reale contraddittorio”. Lo afferma a BlogSicilia l’avvocato Antonella Schepis, difensore del carabiniere assolto in via definitiva dall’accusa di aver abusato di tre bambini a Francofonte, nel Siracusano

Tre imputati assolti in via definitiva

Sotto processo erano finiti anche la madre ed il suo consuocero, anch’essi assolti se la donna dovrà rispondere in Appello di maltrattamenti. Per tutti quanti è finito un incubo, il carabiniere ha dovuto subire la permanenza in carcere, protestandosi sempre innocente, per questo motivo la difesa presenterà una richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione.

Il fatto

La vicenda era emersa nel 2016 dopo l’allontanamento dei minori dalla casa della madre in quanto trovati in condizioni igieniche gravi. Le segnalazioni sulle presunte violenze sessuali partirono dagli operatori della Comunità che ospitava due delle bambine. Nella tesi dell’accusa, la madre avrebbe fatto prostituire i 3 figli per denaro e sarebbero state poi le stesse vittime a fornire degli elementi ai magistrati della Procura di Catania che chiesero ed ottennero nel 2018 l’arresto dei tre imputati.

Il caso dei tre diari

Nella sua analisi, l’avvocato Schepis denuncia alcune anomalie che, a suo parere sarebbero emerse nel corso del processo, a cominciare dall’esame dei diari, “tre in tutto”, tra cui 2 nella disponibilità del genitore della famiglia collocataria del più piccolo dei minori e quello della Comunità, ma solo in Appello “si è potuto confrontare il diario della Comunità con quelli del genitore collocatario, ed è lì che sono emerse gravi anomalie” spiega l’avvocato Schepis.

Il nome del carabiniere nel diario, “una manipolazione”

Secondo quanto sostenuto dal legale, nei due diari in possesso di quella famiglia sarebbero venute fuori delle difformità, la più evidente, nella tesi dell’avvocato, consisterebbe nell’indicazione di un uomo, evidentemente quello che si riteneva essere il presunto violentatore. Se nella prima stesura sarebbe stato chiamato Maikol, in quella successiva sarebbe stato scritto il nome dell’imputato con la sua qualifica professionale…. “il carabiniere”.

“È stata una manipolazione gravissima, su cui sarebbe auspicabile un approfondimento anche da parte della magistratura” taglia corto l’avvocato Schepis.

Le dichiarazioni dei testimoni

Il difensore, inoltre, afferma che il dibattimento avrebbe evidenziato delle contraddizioni, in particolare tra le dichiarazioni degli operatori della comunità e quanto indicato nei documenti ufficiali.

“E’ stato uno degli aspetti – dice l’avvocato Antonella Schepis – più gravi dell’intero processo. In primo grado, la responsabile della comunità, la psicologa e alcuni educatori hanno dichiarato di aver ricevuto dai minori confidenze riguardanti presunti abusi, affermando di averle annotate nel diario della comunità. Tuttavia, quel diario – che loro stessi hanno definito un documento obbligatorio e meticoloso, dove si annotavano anche fatti minimi come la consegna di un euro per un panino – non conteneva nulla di tutto ciò.  Nessuna delle gravi accuse di abuso riferite in aula trovava riscontro scritto”. L’avvocato, sulla scorta della “lettura del diario ufficiale della Comunità” solleva perplessità sulla gestione della stessa struttura e sulla rapidità dei tempi di adozione per alcune famiglie.

Il legale della madre dei bimbi

Pure il legale della madre dei bimbi, l’avvocato Coletta Dinaro, parla di criticità nell’ipotesi accusatoria. “A nostro avviso – dice l’avvocato Dinaro – erano evidenti palesi criticità che conducevano verso una contaminazione dei ricordi dei bambini. È infatti emerso sin da subito l’insussistenza di quegli elementi , quali la spontaneità  e l’autonomia del racconto fornito dai minori,  avvenuto, secondo la prospettazione accusatoria, singolarmente e senza un contatto tra di loro. Allora stesso modo, già in sede di indagini emergeva l’insussistenza di molteplici telefonate tra gli indagati,  insussistenza che si e’ stigmatizzata anche nel compendio probatorio dibattimentale”.