Bastava recarsi nella sua stanza per provare a mettere in fila le idee di pomeriggi passati a cercare notizie e dare un ordine agli elementi del puzzle che avevamo in mano per chiudere ogni giorno il nostro giornale. Arturo Motti, chiamato da noi della redazione “Arturone” per distinguerlo da “Arturino” che si occupava della segreteria di redazione, era lì nella sua stanza luminosa che faceva angolo ed era pronto a darti un consiglio su un titolo, una spinta su come valorizzare un pezzo modificando un titolo. La stessa spinta che, alla fine, mi portò ad accettare, a metà del 2007, l’incarico di caposervizio di Mf Sicilia, lasciando l’agenzia Italpress per la quale lavoravo. Una volta dettato il mio codice fiscale per comunicarlo all’amministrazione della casa editrice e capito che finiva per “M” mi disse: “vedi che c’era Milano nel tuo destino?”. E Milano nel mio destino c’è rimasta fino ad ora, nel 2025 e ancora collaboro con quella redazione. Lui aveva deciso di trasferirsi in Sicilia dopo essere cresciuto professionalmente a Milano e in giro per il mondo. Aveva portato a Palermo l’avventura di Mf Sicilia, il dorso regionale del giornale, che ha raccontato per anni l’economia, gli investimenti, la politica dell’Isola. E in tanti siamo cresciuti anche grazie a quella scuola: un modo di raccontare l’economia in maniera più accattivante.

Ricordo l’entusiasmo con cui organizzava certe interviste che sarebbero finite sulla carta stampata, sulla televisione della casa editrice, sul sito internet. Una visione già globale del prodotto e del lavoro giornalistico quando ancora il digitale non aveva preso il sopravvento. Ricordo il primo iPad portato in redazione e lui orgoglioso che lo mostrava. “Questo cambierà il modo di leggere i giornali”, disse. E così è stato. Capace di vedere le portata innovativa dei device, lui che aveva fondato eDay, quella che oggi si chiamerebbe una start up, capace di creare un prodotto editoriale che veniva scaricato da 40 mila persone al giorno quando le rete non era così capillare e diffusa. Non è stato il suo unico progetto imprenditoriale, tante le società fondate sulla base delle tante idee che nascevano nella sua mente. Si illuminava quando raccontava le sue avventure giornalistiche da inviato di Oggi. Tra queste l’intervista a Margaret Thatcher e il sopralluogo al tunnel della Manica allora in costruzione.

Mite, ma autorevole, in tanti lo hanno ricordato evidenziando la signorilità che lo ha contraddistinto. Un marchio di fabbrica come il suo loden verde che indossava in inverno.Poi le nostre strade si sono divise e il mio rimpianto è stato quello di non averlo più cercato dopo che la redazione è stata chiusa. Ricordo ancora quelle giornate passate a smontare computer, raccogliere le proprie cose. E quella stanza dove non c’era più “Arturone” a fare da ponte verso i vertici della casa editrice.