Quanti pacchi arrivano ogni giorno in Italia da Paesi extra-UE e perché una tassa di soli 2 euro può diventare un problema nazionale?
La risposta è immediata e non lascia spazio a interpretazioni semplicistiche: la tassa da 2 euro sui piccoli pacchi, inserita nella Legge di bilancio, rischia di incidere direttamente sui consumatori italiani più di quanto colpisca i grandi colossi dell’e-commerce.

La manovra è allo sprint finale. Il testo è approdato alla Camera e il Governo ha chiesto la fiducia. Il voto conclusivo è previsto intorno alle 13 di domani, martedì 30 dicembre. Tra i punti rimasti invariati c’è proprio la tassa di 2 euro sugli acquisti online di piccoli pacchi extra-UE fino a 150 euro di valore. Un intervento che ha già sollevato dubbi tecnici, critiche politiche e interrogativi pratici. Non solo per l’impatto economico, ma anche per la sua compatibilità con le norme europee e per le difficoltà operative legate ai controlli doganali.

In origine la misura sembrava configurarsi come un dazio, uno strumento che però non rientra nelle competenze nazionali. I dazi spettano infatti all’Unione Europea. Per superare l’ostacolo, il Governo ha riformulato l’intervento come contributo amministrativo, destinato a compensare il lavoro extra delle dogane.

Secondo i firmatari, non si tratterebbe quindi di un dazio ma di una tassa riscossa dagli Uffici delle dogane al momento dell’importazione definitiva delle merci. Resta da capire se Bruxelles condividerà questa interpretazione giuridica, come segnalato anche da Dday.it.

Chi pagherà davvero la tassa da 2 euro

La norma stabilisce che il contributo venga riscosso “al momento dell’importazione definitiva”. In teoria il meccanismo appare lineare. La dogana ferma il pacco, calcola dazi e IVA, aggiunge i 2 euro e incassa l’importo prima della consegna. Nella pratica, però, il sistema attuale funziona in modo diverso. Quando un pacco extra-UE arriva in Italia, il corriere anticipa dazi e IVA per conto del destinatario finale. Solo al momento della consegna il consumatore rimborsa quanto dovuto, spesso pagando anche una commissione di sdoganamento. Con milioni di microspedizioni al mese, questo modello diventa difficilmente sostenibile. Le dogane sono già sotto pressione e i corrieri dovrebbero gestire un numero enorme di microtransazioni. La soluzione più probabile è che i grandi operatori dell’e-commerce come Temu, Shein e AliExpress incorporino direttamente i 2 euro nel prezzo finale al momento del checkout, come già avviene per IVA e dazi stimati.

Il consumatore italiano vedrà così il costo complessivo prima di confermare l’acquisto. Il risultato è paradossale. Una tassa pensata per colpire i giganti dell’e-commerce cinese finisce per trasformarsi in un aumento diretto dei prezzi per chi compra. I venditori extra-UE manterranno i propri margini e trasferiranno integralmente il costo sugli acquirenti finali. In pratica, la misura rischia di funzionare come una piccola IVA aggiuntiva che finisce nelle casse dello Stato, senza reali benefici per il commercio italiano.

Il buco nero del transit doganale europeo

Questo è probabilmente l’aspetto più critico e meno discusso. L’emendamento fa riferimento a spedizioni “provenienti da Paesi terzi” che arrivano in Italia. Ma cosa accade se le merci entrano nell’Unione Europea attraverso un altro Stato membro. Un pacco spedito dalla Cina può seguire due percorsi distinti. Può arrivare direttamente in Italia, ad esempio all’aeroporto di Malpensa, essere sdoganato e quindi tassato. Oppure può entrare nell’UE attraverso un altro hub, come Amsterdam o Francoforte, superare la dogana locale e circolare liberamente fino all’Italia.

Nel secondo caso la merce è già comunitaria quando arriva sul territorio nazionale. La dogana italiana non ha più titolo per riscuotere alcun contributo. Il principio della libera circolazione delle merci, pilastro del mercato unico europeo, impedisce controlli successivi. La conseguenza è evidente. Alcuni pacchi pagherebbero la tassa, altri no. I grandi operatori logistici potrebbero decidere di spostare i propri hub doganali verso Paesi che non applicano misure analoghe. Olanda e Germania diventerebbero punti di ingresso privilegiati. Il danno per l’Italia sarebbe doppio. Meno gettito fiscale e perdita di traffico logistico negli aeroporti e nei centri di smistamento nazionali.

Una soluzione efficace può arrivare solo da una normativa europea uniforme. Ed è proprio ciò che l’Unione Europea sta preparando con il dazio da 3 euro sui pacchi extra-UE previsto dal 1° luglio 2026, come ricordato anche da InvestireOggi.

Controlli impossibili su milioni di microspedizioni

La tassa si applica alle spedizioni con valore dichiarato non superiore a 150 euro. Ma chi verifica il valore reale di ogni pacco. I numeri sono imponenti. In Italia arrivano ogni giorno centinaia di migliaia di microspedizioni da Paesi extra-UE. Nel 2024, secondo stime europee, sono entrati nell’UE 4,6 miliardi di pacchi sotto la soglia dei 150 euro, per il 90% provenienti dalla Cina. L’Agenzia delle Dogane dovrebbe controllare il valore dichiarato di ciascuna spedizione. Un’operazione impossibile senza un massiccio potenziamento di personale e tecnologia. I controlli fisici sono già oggi limitati e basati su campionamenti. Questo apre la strada a dichiarazioni sottostimate. Il fenomeno è già diffuso per dazi e IVA. Con l’introduzione di una nuova tassa, l’incentivo a dichiarare valori inferiori aumenta ulteriormente. Senza investimenti strutturali, il rischio è che il gettito effettivo sia molto più basso delle stime governative. Nel frattempo, i venditori meno corretti continuerebbero a operare senza reali ostacoli.

Una misura temporanea destinata a cambiare

L’approvazione imminente della tassa da 2 euro lascia più interrogativi che certezze. L’obiettivo politico di arginare lo strapotere dell’e-commerce cinese appare difficile da raggiungere con questo strumento. I consumatori pagheranno di più. I grandi player manterranno la loro competitività. Gli operatori logistici potrebbero spostare i flussi verso altri Paesi UE. Le dogane dovranno gestire un sistema complesso senza risorse aggiuntive. Il tutto per una misura destinata probabilmente a durare pochi mesi. Dal luglio 2026 entrerà in vigore il dazio europeo da 3 euro. A quel punto la tassa italiana dovrà essere rivista o eliminata. Resta l’ipotesi, tutta politica, di una doppia imposizione che porterebbe a un aggravio di 5 euro per pacco.

Tassa sui pacchi da 2 euro

Tassa sui pacchi da 2 euro

Lo sapevi che…

  • Nel 2024 lo shopping online in Italia ha superato i 40 miliardi di euro.
  • Su un acquisto da 5 euro, una tassa di 2 euro pesa per il 40%.
  • Una famiglia con 3-4 ordini al mese potrebbe spendere fino a 96 euro in più all’anno.

FAQ – Le domande più cercate

  • La tassa si applica anche ai pacchi UE?
Sì, secondo alcune interpretazioni la misura potrebbe estendersi anche a spedizioni interne.
  • Chi versa materialmente i 2 euro?
Formalmente il venditore, ma il costo sarà incluso nel prezzo finale.
  • Amazon è coinvolta?
Dipende dal valore e dalla provenienza del pacco.
  • Quando entra in vigore?
Con l’approvazione definitiva della Legge di bilancio.
  • È una misura definitiva?
No, potrebbe essere superata dal dazio europeo del 2026.