Maurizio Zoppi

Scrivo, parlo, respiro... ma non sempre in quest’ordine

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C’è chi allena per mestiere e chi allena per amore. Silvio Baldini appartiene a quella rara seconda categoria. E se oggi a Palermo si continua a parlare di lui come di un parente lontano che manca, è perché quell’amore si è sentito, eccome. Lo hanno sentito i giocatori, lo ha sentito la città. Lo ha sentito ogni tifoso che, pur tra mille difficoltà, continua a sognare guardando una maglia rosanero.

Baldini è tornato alla ribalta con il Pescara, portando i suoi uomini a giocarsi la promozione con la stessa passione viscerale che aveva regalato ai palermitani nella stagione più emozionante degli ultimi anni. Quella della promozione in B, arrivata contro ogni pronostico. Non era solo una squadra che vinceva, era una squadra che lottava, che sudava, che sembrava scendere in campo con il peso – e la bellezza – di un’intera città sulle spalle. A Palermo non si dimenticano le sue parole, le sue lacrime, la sua rabbia. E quella sincerità ruvida, priva di filtri, che è la stessa con cui il palermitano affronta la vita. Perché qui non servono proclami o presentazioni in PowerPoint. Qui si vuole sentire sangue nelle vene, grinta negli occhi, cuore in campo. E invece oggi ci troviamo con una società che sembra più interessata agli equilibri finanziari che al calore del Barbera. Una società fredda, pulita, ordinata… ma distante. Una proprietà da business plan, non da curva. Certo, il calcio è anche azienda, ma Palermo non è una piazza qualsiasi: è passione, è ferita, è orgoglio. Il tifoso rosanero non pretende sempre la vittoria, ma pretende la lotta. Vuole vedere in campo quello che spesso manca nella vita quotidiana: dignità, coraggio, senso di appartenenza. In una città segnata da mille problemi, tra degrado e disillusione, il calcio è l’unica evasione che resta. L’unico luogo dove si può ancora sognare. Ecco perché Baldini è rimasto nel cuore dei palermitani. Perché ci ha fatto sentire vivi. Perché ci ha guardati negli occhi e ci ha detto: “Io sono con voi, fino alla fine”. E lo ha dimostrato.

Oggi, più che mai, Palermo avrebbe bisogno di un altro Baldini. Magari non con lo stesso nome, ma con lo stesso spirito. Perché alla fine, a questa città, non serve una società perfetta. Serve qualcuno che la ami, e che glielo dimostri ogni domenica.

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