Fabrizio Fiorentino
L’imperfetto: aggiusta il presente e prepara il futuro senza remore
La famiglia dei principi di Salina impiegava circa tre giorni per raggiungere la romanzesca Donnafugata: «tre giorni di viaggio orrendo, per le strade irte di buche e zeppe di polvere, la calura inclemente, le fiumare integramente asciutte e i disperati dirupi scoscesi che saggine e ginestre non riuscivano a consolare. Mai un albero, mai una goccia d’acqua: sole e polverone». A differenza del Gattopardo noi in meno di un giorno saremmo giunti riposati a Ulan Bator.
Non che il pianeta si sia rimpicciolito, ma la velocità e la semplicità con cui si può viaggiare rende tutto molto più vicino. Ciò che è vicino è bene conoscerlo, e la conoscenza non può ignorare la spiritualità, anzi le spiritualità che sono numerose quanto le istituzioni religiose che le rappresentano.
Saprebbero i lettori argomentare la differenza tra Sciiti e Sunniti? E se il simpatico vicino di casa fosse kharigita? Siamo sicuri di poter comprendere l’attuale conflitto tra Israele e Palestina senza conoscere le differenze all’interno dell’ebraismo: l’Ebraismo ortodosso, quello riformato (o liberale), e l’Ebraismo conservatore (o masorti), che si differenziano per l’interpretazione della legge ebraica (Halakha), la pratica religiosa e l’approccio alla modernità; l’Ebraismo ricostruzionista e le varianti ultraortodosse come il Chassidismo e il Charedì? Oppure quanti saprebbero parlare con cognizione di causa del patriarcato di Kiiv e di quello di Mosca? E siamo solo dentro le tradizioni della famiglia abramitica.
La globalizzazione, insomma, questo complesso processo storico di integrazione economica, sociale e culturale che connette persone, aziende e governi su scala mondiale, rendendo i mercati, le produzioni e i modi di vivere sempre più interdipendenti e unificati a livello globale è influenzato e talvolta anche complicato dalla spiritualità, che invece potrebbe essere un sentiero comune, un sentire e consentire l’emergenza delle dimensioni etiche capaci di fare impallidire i conflitti e di palesare per la comune convivenza umana la possibilità di strade di pace e di prosperità.
Non di rado mi tocca leggere di come si stia perdendo attenzione per la spiritualità, però ritengo che chi scrive faccia confusione tra religiosità e spiritualità. È vero che la religiosità è in caduta libera, ma forse per questo la spiritualità è invece in grande crescita, direi che sono inversamente proporzionali. Ed a quelli che contano le presenze e le assenze nelle parrocchie ricordo che c’è stato un tempo di chiese piene e di roghi di autodafè nella piazza antistante il palazzo Steri.
Faccio esperienza della bellezza della globalizzazione spirituale nella facilità di poter dialogare con ebrei e musulmani, buddisti e scintoisti, in modi che non erano pensabili cinquant’anni fa; mi rendo conto che quanto più la mia spiritualità è profonda, verificata e agita, tanto più riesco a sentire e vedere con angolazioni nuove ed inaspettate le attese e le speranze, le difficoltà e gli scandali di chi è in visita al nostro paese o qui residente. Prendiamo sempre più coscienza di essere interdipendenti; una buona spiritualità aiuta a comprendere, amare e rispettare l’essere umano altro da me, ma fratello o sorella su questo bellissimo lembo di terra. E mi aiuta a risignificare le parole: se la globalizzazione ama la parola “connessione”, la spiritualità mi suggerisce la parola “comunione”, e quanto abbiamo necessità di essere in comunione piuttosto che semplicemente connessi!
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