Marco Benanti
Occidentale, libertino, immorale, non amico di Pm, docente di "cose vecchie e teoriche". .
Pochi giorni fa, ha scritto ancora una volta denunciando casi terribili di abbandono e l’indifferenza della politica che “e’ andata in ferie, lasciandoci come cani abbandonati sull’autostrada”. Gianni Alemanno, gia’Ministro, già sindaco di Roma, storicamente esponente della destra, dove ha militato sin da ragazzo, e’ detenuto a Rebibbia dal 31 dicembre scorso per non avere rispettato gli obblighi ila lui imposti dai giudici di sorveglianza dopo la condanna per influenze illecite.
Ecco il testo:
“DIARIO DI CELLA 18. ARRIVA FERRAGOSTO: LA POLITICA È ANDATA IN FERIE, LASCIANDOCI COME CANI ABBANDONATI SULL’AUTOSTRADA.
Riceviamo da Gianni Alemanno e pubblichiamo nel rispetto delle norme dell’Ordinamento.
Rebibbia, 10 agosto 2025 – 222° giorno di carcere.
Com’era ormai previsto, la politica è andata in ferie, abbandonando le persone detenute come si lasciano per strada gli animali domestici che danno fastidio. Dovremmo fare una campagna di comunicazione sociale simile a quella per i cani abbandonati. Invece di volpini, bassotti e bastardini vari, che ci guardano con occhi struggenti e la lingua di fuori, potremmo metterci le foto delle tante persone detenute che sono state lasciate a morire nelle loro celle, mentre parlamentari e uomini di governo raggiungevano le loro mete estive. Molto meno accattivanti dei cagnetti, queste persone, sarebbero però degli esseri umani.
Potremmo mettere la fotografia di Antonio R., 88 anni, il più anziano del nostro Reparto, mentre si affaccia dalla sua celletta singola, sempre più magro e consumato. Il Tribunale di sorveglianza ha detto ancora una volta di no alla sua detenzione domiciliare. E lui langue aspettando l’esito del ricorso in Cassazione, previsto in autunno. Passando vicino alla cabina telefonica, qualche giorno fa, l’ho sentito piangere mentre parlava con qualche familiare. Gli è venuta anche una bronchite che nessuno gli cura. Quando ci dice “Io mi ammazzo” noi gli rispondiamo, “calma Antonio, adesso arriva la Cassazione…”. E se Cassazione gli dirà no, cosa ci inventeremo?
Oppure potremmo mettere la fotografia di Roberto C., 77 anni, mentre legge i fumetti “Tex” seduto sugli scalini delle rampe che portano ai piani superiori. Piccolo e minuto com’è, sembra proprio un bambino. Aspetta seduto sugli scalini, sempre più rassegnato, sempre più triste, che il Magistrato di sorveglianza si accorga della sua età e di tutti i suoi malanni.
C’è anche l’immagine inquietante di Giuseppe C. mentre gira per il Reparto tenendosi con la mano l’ernia inguinale espulsa, un malloppo grande quasi quanto un pugno, che non viene operata.
Molto meno impressionante sarebbe invece la fotografia di Francesco R., che a vederlo sembra un tranquillo giovane uomo, ma che in realtà cammina su un filo rischiando la vita. “Prognosi quad vitam” (a rischio di vita) dice il referto del 15 maggio scorso dell’ASL Roma C, perché rischia il blocco di tutti e due i suoi reni. A dicembre dovrebbe entrare in dialisi, ma sua moglie si è offerta di donargli un rene, donazione che deve avvenire prima dell’inizio della dialisi. Ma sono cinque, dico cinque, volte che la visita propedeutica salta per mancanza di scorte. E il carcere non riesce neanche a fornirgli i medicinali e i nutrienti necessari, nonostante la Regione Lazio gli versi mensilmente i soldi necessari per l’acquisto di questi prodotti. Francesco ha fatto un esposto, si prepara a farne un altro. Potrebbe anche essere assegnato ai domiciliari, viste le sue condizioni, ma siccome è in carcere per due diversi procedimenti, un magistrato ha dato parere favorevole, ma l’altro no. E lui continua a rimanere in sospeso nel suo “quoad vitam”.
E poi ce ne sono tante altre di cartoline che si potrebbero inviare solo da questo Braccio G8, che come ho detto tante volte è il “reparto bene” dei carceri laziali. Vi lascio immaginare cosa troveremmo se andassimo negli altri reparti di Rebibbia, o a Regina Coeli, che in confronto al G8 sono dei gironi danteschi. Ma noi non possiamo andarci, dovrebbero invece fare delle ispezioni i “garanti dei detenuti” e dovrebbero strillare come matti per tutti questi casi. Ma qui vediamo solo il garante regionale, dott. Anastasia, più rassegnato che combattivo. Quello nazionale è scomparso, mentre quello comunale è stato avvistato mentre andava a fare un’ispezione al contestato centro per gli immigrati in Albania (avrebbe fatto meglio a fermarsi sulla Tiburtina, dove c’è Rebibbia…).
La politica però un segno di vita l’ha lasciato, prima di questa pausa estiva. Mercoledì scorso, durante uno dei Laboratori di “Nessuno Tocchi Caino”, a cui ha partecipato con un ottimo intervento il vicepresidente del CSM, Avv. Pinelli, è comparso, tra gli applausi delle persone detenute, il Presidente del Senato Ignazio La Russa. Pur con tutte le cautele del caso, ci ha lasciato la speranza che in autunno possa essere approvato un disegno di legge, elaborato dalla vice-presidente PD Anna Rossomando, per rendere automatica, per molte fattispecie, la concessione della detenzione domiciliare nell’ultimo anno e mezzo di pena. Posso dire che, io Gianni Alemanno, mi sono un po’ commosso nel vedere nel mio vecchio amico La Russa (78 anni) l’unico esponente di centrodestra pronto a battersi per una causa così giusta ed evidente? Riuscirà a convincere gli altri?
Con questa speranza, affrontiamo questo bagno di caldo ferragostano, sostenendoci a vicenda, accaldati, sudati, un po’ rimbambiti, a torso nudo e in calzoncini, come se fossimo a Coccia de’ Morto.
E ci porteremo sulle spalle tutti quelli che stanno cedendo, non li abbandoneremo, perché non siamo bestie ma esseri umani.
Un solo dubbio ci scuote: dove andrà in vacanza il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio?
Gianni Alemanno & Fabio Falbo”.
A lui si è rivolto con una missiva Totò Cuffaro: “ti scrivo da fratello nella prova, e da uomo che ogni giorno, senza interruzioni, legge e medita le pagine del tuo diario di cella. Ogni parola che metti su carta e’ un frammento di verità che attraversa le mura, ogni immagine che descrivi e’ una lama che penetra e si imprime in chi, come me, conosce la stessa aria, lo stesso odore di umidità, lo stesso rumore sordo delle chiavi e lo stesso silenzio che pesa più del ferro. Ho letto le tue righe sul Ferragosto e sull’abbandono. Hai ragione: la politica, che dovrebbe essere madre, si comporta come una matrigna distratta, lasciandoci -cime scrivi tu-“cani sull’autostrada”.
Eppure, in questa fotografia amara che tu scatti con sofferta precisione, io vedo anche un’urgenza che ci chiama: trasformare la nostra condizione da condanna muta a speranza viva. Spes contra spem, Gianni, perché anche nel vuoto dell’estate politica, la speranza e’ la nostra unica risorsa non confiscabile.
Il passaggio di uomini che hanno avuto potere, responsabilità e governo della cosa pubblica — e che oggi sono qui, dietro le sbarre — non può e non deve essere reso vano. Sarebbe un inutile errore , un fallimento di noi stessi e del Paese, se questa caduta non si trasformasse in motivo di rinascita.
Noi sappiamo cosa significa guidare e decidere e oggi sappiamo cosa significa essere dimenticati.
Questa doppia esperienza, dura come pietra, deve diventare parola, proposta, ammonimento. È così che il dolore può diventare seme, e il seme, se coltivato, può generare frutto. Spes contra Spem, perché anche la pietra più dura può essere levigata dal tempo e dalla misericordia.
La tua denuncia di Antonio, di Roberto, di Giuseppe, di Francesco… non è solo un elenco di nomi: è una Via Crucis fatta di volti, di corpi che cedono e di anime che resistono. Qui, dove la legge dell’uomo spesso si ferma sulla soglia della misericordia, Cristo continua a passare. Passa in un bicchiere d’acqua condiviso, in una parola detta al momento giusto, in una mano che impedisce ad Antonio di mollare. Il carcere, Gianni, non è soltanto storie di corpi: è un Vangelo vivo scritto dalle anime ferite.
Papa Francesco ci ha lasciato un insegnamento che dovremmo scolpire nel cuore: persino la porta di sbarre può essere “parimenti sacra” della Porta Santa. Ogni volta che usciamo dalla nostra cella per un’ora d’aria o per un colloquio, se lo vogliamo, stiamo attraversando un varco che può cambiarci. La cella, con tutto il suo dolore diventa un Santuario di sbarre . Spes contra spem, perché la sacralità può germogliare anche qui, dove il mondo pensa ci sia solo condanna.
Il carcere mi ha ricordato che la politica vera non si fa soltanto nei Palazzi. La politica vera è quando ti alzi per aiutare chi non ha voce, quando difendi chi nessuno difende, quando rifiuti di voltarti dall’altra parte. La politica che ha abbandonato i detenuti si è dimenticata che la dignità è un diritto inalienabile. Ma noi che siamo mendicanti che abbiamo creduto di essere Re, noi che siamo stati ai vertici e oggi siamo nel fondo, possiamo essere il ponte tra questi due mondi. Spes contra spem, perché un ponte è utile solo se qualcuno, prima o poi, decide di attraversarlo.
Non ti nascondo che anch’io mi chiedo dove trascorrerà le vacanze la Giustizia. Ma so che la vera domanda è un’altra: quando e se la giustizia tornerà ad essere madre, e non solo matrigna; quando e se saprà guardare il detenuto non come scarto, ma come persona.
Continua a scrivere, Gianni. Continua a raccontare. Io continuerò a leggerti e a risponderti. Perché se la politica ha preso ferie, la nostra coscienza e la nostra fede non chiudono mai. Spes contra spem, amico mio, perché non dobbiamo solo avere speranza dobbiamo essere speranza, perché la speranza è una cosa buona e come tutte le cose buone alla fine vince sempre.
Con amicizia e fede salda, Totò Cuffaro”. (fonte: Livesicilia).
Questo contenuto è stato disposto da un utente della community di BlogSicilia, collaboratore, ufficio stampa, giornalista, editor o lettore del nostro giornale. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore. Se hai richieste di approfondimento o di rettifica ed ogni altra osservazione su questo contenuto non esitare a contattare la redazione o il nostro community manager.


Commenta con Facebook