Antonio Perna
Giornalista free-lance, tessera Odg 58807, cronista dal 1986 anno in cui l'Italia per la prima volta si connette a Internet
La Corte dei Conti non è un partito, e il suo altare non è quello della politica.
Chi oggi la acclama come paladina contro il Governo non difende la legalità, ma un’ideologia del non fare.
Da qualche tempo si è affermato in Italia un nuovo culto laico: quello della Corte dei Conti.
Ogni volta che l’organo contabile muove un rilievo, i devoti del “no” alzano la testa e applaudono.
Non importa se si tratta di una verifica tecnica o di un’osservazione contabile: la Corte diventa subito un simbolo morale, un altare di legalità contro la politica che osa progettare.
L’ultimo caso è il Ponte sullo Stretto.
Un’opera che divide, certo. Ma che resta, prima di tutto, una scelta politica.
E in democrazia, la politica non si giudica nei verbali di controllo: si giudica nelle urne, nel confronto pubblico, nella responsabilità di chi governa.
Il problema non è la Corte dei Conti, ma il modo in cui viene usata.
Si invoca la sua autorità come si invocano i santi: non per capire, ma per confermare le proprie convinzioni.
Si parla di “legalità” come se fosse un’ideologia, e non una condizione del vivere civile.
Eppure la legge parla chiaro: anche in presenza di un parere negativo, il Governo può procedere se il Consiglio dei ministri riconosce l’opera di preminente interesse pubblico.
È un principio di equilibrio, non di arroganza.
La Corte controlla, il Governo decide. Così vuole la Costituzione, così funziona la democrazia.
La burocrazia come potere morale
Weber lo aveva previsto: quando la burocrazia smette di servire la politica e pretende di sostituirla, lo Stato si pietrifica.
La regola diventa un dogma, il parere un giudizio morale.
E i cittadini, abituati a non vedere più differenza tra chi controlla e chi governa, finiscono per applaudire la stasi come se fosse giustizia.
Il “tifo per la Corte” non è amore per la legalità, è paura della libertà.
È la paura di scegliere, di decidere, di rischiare.
È la convinzione che l’errore stia sempre nell’azione, mai nell’inerzia.
La politica come responsabilità morale
Aristotele insegnava che la politica non è téchne (tecnica), ma phrònesis (saggezza del decidere).
Chi controlla si muove nel campo della tecnica; chi governa, in quello del giudizio morale.
Confondere i due piani significa abdicare alla libertà del pensiero politico e ridurre la democrazia a un esercizio contabile.
La Corte dei Conti ha il diritto e il dovere di vigilare.
Ma la sovranità appartiene al popolo, che si esprime attraverso i suoi rappresentanti.
Quando la toga pretende di sostituirsi al voto, la Costituzione non viene difesa: viene tradita.
Il Ponte come metafora morale
Il Ponte sullo Stretto è molto più di un’opera: è una metafora.
Non è solo un progetto di ingegneria, ma un atto di volontà politica.
Chi lo rifiuta in nome del controllo non contesta un’opera, ma un principio: che lo Stato possa ancora decidere, immaginare, costruire.
Ogni grande progetto porta con sé il rischio dell’errore, ma anche la dignità dell’azione.
Come scriveva Hannah Arendt, la libertà non è l’assenza di rischio, ma la possibilità di iniziare qualcosa di nuovo.
Chi rinuncia ad agire per paura di sbagliare, ha già commesso l’errore più grave: l’immobilismo morale
Il dovere di decidere
La Corte dei Conti è un presidio della Repubblica, ma non è la sua coscienza.
Il suo compito è garantire, non guidare.
Chi oggi la esalta come baluardo contro il Governo confonde la vigilanza con il potere, il controllo con la decisione, la legge con la politica.
La toga non costruisce ponti.
E senza ponti — materiali o morali — nessuna comunità può dirsi viva.
L’Italia deve tornare a scegliere, a progettare, a rischiare.
Perché la democrazia, come la vita, non si difende non facendo: si difende facendo bene.
Questo contenuto è stato disposto da un utente della community di BlogSicilia, collaboratore, ufficio stampa, giornalista, editor o lettore del nostro giornale. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore. Se hai richieste di approfondimento o di rettifica ed ogni altra osservazione su questo contenuto non esitare a contattare la redazione o il nostro community manager.


Commenta con Facebook