Antonio Perna

Giornalista free-lance, tessera Odg 58807, cronista dal 1986 anno in cui l'Italia per la prima volta si connette a Internet

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Ci sono figure che appartengono alla storia di una comunità non soltanto per i ruoli che hanno ricoperto, ma per il modo in cui hanno saputo interpretare il loro tempo. 

Luciano Ordile, scomparso questa notte, appartiene a questa ristretta cerchia.

Non fu un politico di circostanza, ma un interprete della Sicilia quando essa ancora non sapeva interpretare se stessa. La sua voce non era urlata né compiaciuta: era ferma, concreta, rigorosa. Egli sapeva che la politica non è mestiere di improvvisazione né di opportunismo, ma arte difficile del prevedere e del costruire. E in questo, Ordile fu spesso un anticipatore.

Negli anni in cui il dibattito pubblico si concentrava su logiche di potere, lui parlava di cultura come leva di sviluppo. Quando la parola “beni culturali” appariva astratta, propose e difese un assessorato che desse alla Sicilia la consapevolezza di possedere un capitale inestimabile. Era la sua visione: che la nostra isola non fosse soltanto cronaca di emergenze e conflitti, ma patrimonio di civiltà da difendere e valorizzare.

Non si lasciò mai sedurre dalle scorciatoie né dai compromessi facili. L’interesse pubblico fu la sua bussola costante, anche quando ciò comportava difficoltà, solitudine o incomprensioni. Chi gli è stato accanto lo ricorda come un uomo che sapeva dire “no” quando il “sì” avrebbe garantito applausi e carriere. La sua fedeltà era rivolta alle istituzioni e alla Sicilia, non ai giochi di corrente o di partito.

Luciano Ordile apparteneva a quella generazione che credeva nella politica come responsabilità collettiva, non come beneficio individuale. Nel suo percorso all’Assemblea Regionale Siciliana – dalle commissioni alle vicepresidenze, dagli assessorati fino al vertice della Regione – mantenne sempre lo stesso stile: sobrio, essenziale, lontano dai clamori e dalle vanità, ma vicino ai problemi reali della gente.

Anticipare le esigenze significa saper guardare lontano. Ordile non fu un visionario astratto, ma un realista che vedeva più avanti degli altri. Vide l’urgenza di legare scuola e lavoro, comprese l’importanza della formazione, intuì la forza delle identità locali come risorsa e non come zavorra. Parlava della Sicilia come di una terra che poteva essere orgoglio e motore, non soltanto dolore e ritardo.

La sua lezione resta attuale. In tempi in cui l’interesse privato rischia di piegare quello pubblico, il ricordo di Luciano Ordile ci restituisce l’immagine di un uomo che scelse la strada più difficile: mettere il bene comune davanti a sé stesso.

Non era un santo né un eroe, ma un politico nel senso più alto e vero del termine. E questo, in Sicilia come altrove, è merce rara.

Luciano Ordile ha lasciato la scena, ma ciò che ha seminato resta. A noi, oggi, il compito di non disperdere quella lezione.

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