Mauro Billetta

Frate Cappuccino parroco di Danisinni a Palermo

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Le guerre continuano a scoppiare perché abbiamo perso il senso dell’altro e il “tu” trova cittadinanza solo se funzionale al proprio compiacimento e, dunque, senza che riveli la propria unicità.

Simile sopruso spoglia la realtà del proprio valore e tutto viene percepito come oggetto di conquista e di possesso anche a costo della eliminazione della vita umana. Offendere la terra e le risorse che contiene attraverso questa negazione sfregia il creato privandolo di bellezza.

Parlare del creato e non semplicemente della natura, per noi, significa riconoscere che ogni cosa porta l’impronta del Creatore e che la materia mantiene la sua verità solo quando custodisce la capacità relazionale perché dietro ogni cosa c’è il volto dell’altro. Gli oggetti più cari, ad esempio, sono quelli che ci vengono donati dalle persone amate ed essi custodiscono il valore del prezioso rapporto che ci lega a loro.

Il delirio collettivo che sta trucidando il popolo palestinese spazzando via la Striscia di Gaza con i suoi abitanti è il segno palese dell’abominio a cui può arrivare chi rimane centrato su se stesso.

Senza rapporto col Creatore l’essere umano si colloca a principio delle cose, pretende di esserne l’artefice e il punto di partenza della storia letta in modo autoreferenziale. È così che una città come Gaza che vanta oltre cinquemila anni di storia viene rasa al suolo e un popolo viene trattato senza riconoscerne la memoria.

Il genocidio che si sta compiendo in questi giorni, oltretutto, è un grave attentato alla memoria collettiva fino svuotare di significato quel “giorno della memoria” che riuniva in una ricorrenza internazionale tanti Paesi che nel ricordare i tragici eventi della seconda guerra mondiale, rinnovavamo l’impegno per un futuro differente e volto alla difesa dei diritti umanitari e della giustizia sociale.

Il Vangelo (Lc 16, 1 – 13) che la Comunità cattolica medita in questa domenica rimanda al senso della vera ricchezza, quella che permette di portare a frutto la propria esistenza coltivando il bene del Cielo.

La vita di ciascuno viene presentata come dono ma è necessario vigilare affinché la ricchezza disonesta ossia falsa non trascini verso le ingiustizie più gravi.

Colui che scopre che quel che abbiamo ha senso solo se condiviso con spirito di gratuità allora è già cittadino del Cielo e cioè viene presentato al Signore dagli ultimi di cui si è preso cura.

Ricordare di essere amministratori e non possessori è la postura necessaria, tenere presente che il dono ricevuto ha valore solo se consumato per il bene comune è quel che permette di essere generativi in questo mondo.

Di fronte alle logiche d’inimicizia il Vangelo rivela che solo nel servizio ai piccoli di questa terra è possibile costruire l’amicizia che lega al Cielo.

Il primo prodotto di questo riconoscimento sarà la Pace, quella che è frutto di un impasto di fuoco e di terra, d’acqua e d’aria pulita quella che sa di Cielo.

Non il fuoco nemico delle bombe che distruggono tutto quello che toccano, non il fuoco che forgia le armi o quello che distrugge le foreste per gli interessi di alcuni;

ma il fuoco amico che arde per il bene altrui, il fuoco che riscalda il metallo fino a renderlo malleabile per forgiare gli strumenti del lavoro, il fuoco che custodisce la vita negli inverni gelidi, il fuoco che si fa passione perché non tollera quiete e assopimento di fronte alla sofferenza altrui, quello che non tace di fronte all’ingiustizia, il fuoco che muove verso l’altro senza condizioni.

Non la terra ferita dalle deflagrazioni fino ad essere ridotta a sterile polvere e contaminata per anni, tanto è il veleno di morte che porta dentro. La terra bistrattata per le brame di conquista e di possesso senza limite, la terra che diventa movente omicida per la follia di alcuni;

ma la terra coltivata con cura, abitata dalla vita che rispetta lo spazio e genera bellezza, la terra che produce frutto e diventa luogo di condivisione e garantisce il diritto di cittadinanza a ciascuno.

Non l’acqua degli idranti volta a spegnere gli incendi provocati dalla guerra o a lavare le pozze di sangue dopo che i corpi inermi sono portati via, non l’acqua che spazza i detriti lasciati dalla macerie lì dove prima c’erano case abitate, strade con viandanti, scuole colme di bambini, ospedali con malati inermi e in attesa di soccorso;

ma l’acqua che è dono del Cielo, quella che fa germogliare i campi e fiorire i prati riempiendoli di colore, l’acqua che disseta e procura vita, l’acqua che pulisce per restituire dignità a chi vi si lava, l’acqua in cui ci si immerge per entrare in contatto con sé stessi e con l’universo che ci circonda, l’acqua che genera vita fin da principio di ogni esistenza.

Non l’aria guastata da chi infetta tutto pur di trarre economie, il puzzo residuo della morte che sfregia il dono della vita, non l’aria corrotta da chi detiene il potere,

ma l’aria che si fa respiro perché donata dal creato, l’aria che accomuna ogni mortale rendendolo uguale per dignità, l’aria che procura guarigione e sollievo, la stessa aria che si fa vento e che permette di dispiegare le vele e così prendere il largo, così come la Global Sumud Flotilla che volge verso l’altra riva quella che attende l’aria, l’acqua, il fuoco, la terra in cui tornare ad abitare. L’aria che unisce il Cielo e la terra, perché a tutti va restituito il diritto di guardare il sole le stelle.


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