Il consiglio di presidenza di Confindustria Catania si è riunito questa mattina nella sua interezza, con procedura di urgenza, per valutare il contenuto delle notizie apparse sulla stampa riguardanti il presidente Angelo Di Martino. Nel corso della riunione il presidente, dopo avere espresso la propria estraneità ai fatti, così come riportati sulla stampa, riservandosi di agire per le vie legali, ha deciso, sentito il Consiglio di Presidenza, di rimettere il mandato e di rassegnare quindi le proprie dimissioni, ciò al fine di preservare l’immagine dell’Associazione evitando così qualsiasi ulteriore speculazione.

Le polemiche

Nei giorni scorsi, in molti hanno chiesto le dimissioni del presidente di Confindustria Catania Angelo Di Martino, dopo che dalle carte dell’inchiesta antimafia “Doppio Petto” è emerso che il gruppo imprenditoriale di Filippo e Angelo Di Martino pagava “regolarmente” il pizzo da 20 anni.

Gli stessi Di Martino hanno ammesso che “l’azienda era sottoposta a estorsione”, partita con “una richiesta di denaro destinato al sostentamento delle famiglie dei detenuti”.

La difesa di Di Martino

“Io condanno le estorsioni lo ribadisco ad ogni riunione e nessuno deve pagare. Su questo siamo impegnati con tutte le nostre forze”. Ma c’è chi gli chiede un passo indietro: “Dovrebbe dimettersi subito e, se non lo facesse, dovrebbe sfiduciarlo la sua organizzazione. Se ciò non avvenisse, la vergogna sarebbe infinita! Per lui e per gli altri associati”, ha detto l’avvocato Enzo Guarnera, presidente dell’associazione Antimafia e Legalità di Catania.

“Le dichiarazioni di Di Martino costituiscono un pessimo esempio per tutti gli imprenditori catanesi e non solo. Se un presidente di un’associazione prestigiosa come Confindustria paga il pizzo – continua Guarnera -. dal punto di vista etico va considerato un sostenitore esterno. Una vittima denuncia, a maggior ragione se è un rappresentante dell’associazione degli industriali. Invece Di Martino ai convegni dichiara che il pizzo non va pagato, ma intanto lo paga. Che si dimetta”.

Le intercettazioni e l’arresto della madre di Ieni

La moglie del boss Ieni, Francesca Viglianesi, è stata presa dai poliziotti con l’accusa di usura l’inverno del 2022. La donna all’epoca però ne è uscita a piede libero: il gip convalidò l’arresto in flagranza ma non dispose l’applicazione di un provvedimento cautelare. Ma i figlio Dario e Francesco – soprattutto quest’ultimo – non accettarono di buon grado che la vittima a cui la madre aveva fatto il prestito avesse “cantato” con le forze dell’ordine. Dalle indagini della polizia – con tanto di prova filmografica – è emerso che il figlio maggiore del defunto Ieni ha convocato la persona per ritrattare quanto dichiarato a verbale. E cioè che aveva chiesto 3000 euro con interessi usurai di 100 euro al mese.Ma riavvolgiamo il nastro. Viglianesi settimanalmente è andata a ritirare a San Cristoforo la rata del prestito. I poliziotti l’hanno beccata proprio dopo una di queste visite.