Colpita con un sasso alla nuca, trascinata nel vialetto tra le tombe del cimitero e uccisa con dei grossi massi. E’ una sequenza agghiacciante quella ricostruita dagli agenti della Squadra Mobile di Catania che dal 2004 indagano per l’omicidio di Maria Concetta Velardi, 59 anni, avvenuto nel pomeriggio del 7 gennaio al Cimitero di Catania.

Adesso, a distanza di più di tre anni gli investigatori, collaborati dal Gabinetto di Polizia Scientifica, hanno in mano la ‘prova regina’ che incastra il figlio della vittima, Angelo Fabio Matà: quel Dna sotto le unghia della mano destra della vedova compatibile con quello del sotto ufficiale della Marina Militare. Questa mattina, all’alba, Fabio Angelo Matà è stato arrestato con la pesante accusa dell’omicidio aggravato della madre.

Oltre alle dichiarazioni di alcune persone presenti all’interno del Cimitero il pomeriggio del delitto e di quanti conoscevano sia la vittima che il figlio, la polizia si è avvalsa delle importanti attività di genetica forense grazie alla collaborazione della Scientifica di Catania, Palermo e Roma.

Le indagini si sono concentrate su quattro punti cardine: la minuziosa ricostruzione della scena del crimine, il Dna del figlio (già all’inizio dell’inchiesta indagato come atto dovuto) sotto la mano destra della vittima, alcune tracce di sangue sulla maniglia dello sportello posteriore destro dell’auto di Matà e i ponti di aggancio del telefono cellulare di Matà e di quello della vittima che il figlio aveva (stranamente ndr) portato con sè.

Sulla scena del crimine sono stati repertati più di 100 oggetti e tutte le tracce sono esclusivamente riconducibili, secondo gli investigatori, alla vittima e al figlio, non ad altre persone. Cosa che esclude il coinvolgimento di altri nel delitto.

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