Il primo luglio 2009 l’agente Davide Aiello, in servizio alla casa circondariale di Catania-Bicocca, è stato assassinato con numerosi colpi d’arma da fuoco sparatigli contro dall’ispettore Mauro Falcone. L’omicida, arrestato, è stato giudicato con il rito abbreviato e, riconosciuto seminfermo di mente, condannato a 16 anni di reclusione che sta scontando in una struttura psichiatrica.

A distanza di anni, la famiglia di Davide Aiello – il padre, la madre ed i fratelli – hanno presentato una denuncia con la quale chiedono alla Procura di Catania di riaprire l’inchiesta.

Attraverso il loro legale, l’avvocato Antonio Fiumefreddo, che rende nota l’iniziativa, chiedono di valutare “alla luce degli elementi offerti e documentati”, alcuni dei quali inediti, “l’accertamento del vero movente che indusse Mauro Falcone ad assassinare Aiello, l’individuazione di fatti di reato sottostanti al delitto e che hanno potuto determinare il delitto, l’investigazione di eventuali condotte istigatorie dell’omicidio, e infine l’accertamento di responsabilità di terzi, compresi quelli che avrebbero consentito a Falcone di introdurre l’arma dentro il carcere di Bicocca in violazione di un preciso divieto”.

L’avvocato Fiumefreddo, che aveva già seguito come legale di parte civile il processo per omicidio, osserva che “in quel brutale assassinio, ci sono diversi punti critici che, a causa del rito scelto dall’imputato, sono rimasti aperti”.

“Confido che le indagini – osserva il penalista – potranno accertare se vi siano state condotte di terzi che hanno potuto costituire il movente, eventualmente diverso o concorrente con il disturbo psichiatrico diagnosticato a Falcone, in cui ebbe a maturare il delitto”.