Dai finemula, non facemu arririri i polli! Non appartiene alla nostra cultura, forse picchì a mia, oltre a non piacermi, mi fa macari antipatia, ma questo Halloween lo trovo fuori luogo per noi siculi abituati “ca festa de motti”.

Sabato mi sono imbattuto in “pagghioli” che scimmiottando gli anglofoni erunu appitturati tipu: feriti, ammistuti frischi, e a seguire di vampiri e streghe.

La tenerezza che mi hanno fatto ieri notte, quei quattro attempati o diciamo “diversamente giovani”, ca facci infarinata e i mussi tingiuti di niuru, si erano messi a discussione con un posteggiatore, rigorosamente abusivo, il quale chiedendo il “pizzeggio” (forma contratta del pizzo dovuto al parcheggio) si sente rispondere dai seguaci “de cucuzzi”: non si vergogna addumannarini un euro?, pronta la risposta: “Su ju m’haja vergognari vuatri v’avissura attruvari ‘nputtusu unni ‘ntanarivi”. Scontro tra titani!

Certo ognuno è libero di festeggiare (ma cosa ci sarebbe poi da festeggiare?!) come gli pare. Però se mi viene in mente, così come ci preparavamo alla nostra “notte dei morti” ad essere sincero, un poco di magone mi prende.

I grandi ci preparavano con non poco pathos, invitavandoci ad andare a letto presto. Adducevano delle scuse non sempre adatte ad un bambino: “Dormi o i morti stanotte non ti portano i giocattoli” e fino a questo punto, niente di serio, anche se nella mia mente frullava la visione di uno zombie che nella notte entrava nella mia stanzetta barcollando, nel tentativo di lasciarmi il dono.

Per vincere l’ulteriore resistenza, si rinforzava la dose con: “Vedi che i morti lo capiscono se dormi veramente o fai finta, t’arattunu i peri e se sei sveglio, ti mettunu a cira ‘nta l’occhi. Se all’epoca c’era telefono azzurro, a me matri c’avissuna ratu trentanni di cacciri. “Dormi! “.

E’ inutile dire che mi sentivo come in quel passo della Bibbia che recita: “La gazzella giacerà con il leone”. Non chiudevo occhio, poi sfinito riuscivo a prendere sonno, agevolando il lavoro dei miei genitori nel posizionare i giocattoli nella stanza. Ma quanto era bello quando l’indomani, alle prime luci dell’alba, ci si svegliava con i primi colpi di pistola che provenivano dalle case vicine.

Ho un ricordo chiarissimo, olfattivo però, l’odore misto dei fulminanti (i caps sparati) ai dolci (rami di Napuli ed ossa di mottu) che pervadeva ogni angolo di casa mia.

Una volta “i motti” mi lassanu un regalo che mi ha lasciato a bocca aperta, il vestito di Toro Seduto, ma quant’era bellu! Tutto in simil-pelle di daino, il copricapo con mille penne e a corredo anche l’ascia di guerra. Non stavo nella pelle, prima di indossarlo però, dovevo mettere la maglia di lana, anche se c’erano 30 gradi all’ombra, per mia madre “quannu traseunu i motti traseva l’inverno”, viri chi fissazione, prima a magghia e poi la guerra! Mi vesto, mi pitturo la faccia ed impugno l’ascia, niente e nessuno mi avrebbe fermato, ero un guerriero, la stessa fierezza di un Sioux. Con un urlo disumano mi presento in strada, un solo balzo e sautu da banchina sfidando i presenti.

C’era da superare un piccolo problema: “Ero l’unico indiano ‘nta quatteri di cau-boi! ” i coppa mi ficiunu fetiri a cani-mottu, mi vendevano come prigioniero da una strada all’altra. Ricordo, vinnunu macari picciriddi di l’autri quatteri pi sassuliarimi. Alla fine della giornata sono stati gli altri bambini a ringraziare i miei per il grosso regalo che gli avevano fatto.

Giornate indimenticabili, ricordi indelebili. Su mi toccu a testa ancora penzu ca c’haju qualche bummulu.

dal profilo facebook di Gino Astorina