“Quello che è successo a me, può accadere a qualsiasi cittadino. E’ questo che voglio raccontare e far capire. Non è giusto fare processi mediatici tinti di gossip, e che non venga raccontato il reale iter giuridico, con gli atti processuali di ciò di cui si è accusati e le relative prove. Le nostre caratteristiche (Amanda Knox, ndr) hanno fatto sì che i media romanzassero il tutto, non comprendendo che, ci hanno buttato in pasto all’opinione pubblica che, solo ora, a poco a poco, sta conoscendo la realtà e gli errori. Sono libero e innocente come deciso in via definitiva dalla Cassazione”.

E’ la prima cosa che dice Raffaele Sollecito al suo arrivo ad Acireale. 

E’ intervenuto insieme con Enrico Trantino, avvocato del Foro di Catania e presidente della Camera penale di Catania ‘Serafino Famà’, Flavia Panzano, giudice del Tribunale di Catania e componente della giunta distrettuale Anm di Catania,Mario Barresi, giornalista del quotidiano La Sicilia, alla tavola rotonda organizzata dai consiglieri comunali Sabrina Renna e Riccardo Castro e coordinata da Enzo Di Mauro, avvocato del Foro di Cataniae Mario D’Anna, fondatore di Fancity.

Una sala gremita ha accolto Raffaele Sollecito, che oggi oltre a svolgere la professione di ingegnere informatico ha scritto il libro “Un passo fuori dalla notte”, che racconta la sua storia e vuole far conoscere “come siano andate realmente le cose a livello processuale. Io non conoscevo Meredith – continua Sollecito – se non per averla vista due volte a casa di Amanda, con cui ho avuto una relazione di soli cinque giorni, e a causa del mio allora stentato inglese, non le ho parlato più di tanto.”

Scrivere questo libro le è servito come liberazione e autoanalisi?

Ripercorrere tutto l’iter, che ricordiamo inizia nel 2007 con l’omicidio di Meredith Kercher, di cui è stato condannato in via definitiva con rito abbreviato solo Rudy Guede, e che si è concluso nell’ottobre 2015, quando la Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna per non aver commesso il fatto, è stato semplicemente devastante, poiché i momenti buoi e difficili sono stati tanti.

La società ha stabilito che era colpevole perché ama i fumetti manga e il metal di Marilyn Manson. Cosa dice a chi si basa su queste irrazionalità che con i fatti giuridici non hanno attinenza?

Semplicemente che c’è una distorsione della realtà e che certi media fanno sì che la gente si interessi solo alle chiacchiere da bar e non agli atti processuali. Se si deve parlare dell’udienza va bene, ma se si parla di gossip a chi giova? Fa si che l’imputato venga considerato un mostro, e oggi io racconto la mia storia , perché non sono un mostro che l’ha fatta franca, ma una persona che ha vissuto l’inferno ed è tornata. Ciò che è accaduto a me potrebbe succedere a chiunque. Tanti errori commessi dai custodi della giustizia, c’è stata approssimazione sulla raccolta delle indagini e sull’analisi del Dna.

A suo parere perché si è creato questo circolo mediatico?

Sicuramente per alcuni giornalisti, e non sono tutti così per fortuna, che sono alla ricerca di gossip puro e banale. Eravamo i protagonisti perfetti di un noir: giovani, belli, di buona famiglia, e c’era l’omicidio. Però la realtà vera non è interessava. Siamo stati interrogati per quindici ore ed eravamo senza avvocato, ricordo che proprio di recente Amanda è stata assolta dall’accusa di calunnia verso gli agenti della squadra mobile di Perugia. Se non ci fosse stata la mia famiglia che mi ha sostenuto e con i miei avvocati ha indagato, non so se adesso sarei qui. Pensi che in carcere mi hanno sequestrato il diario per trovare chissà cosa, infatti proprio per evitare che si manipolassero i miei pensieri ero dubbioso se partecipare o meno a un concorso di poesie. In questi anni mi sono adattato e trasformato, ma ora desidero che se si deve parlare di me per le mie idee e per il mio lavoro.

Cosa fa Sollecito oggi?

Faccio l’ingegnere informatico e ho vinto un bando della Regione Puglia per una start-up che presumibilmente a febbraio sarà online: Memories, un portale per coltivare la memoria dei defunti.

Tutto ciò ci fa comprendere come il sistema giudiziario italiano sia discutibile: anni trascorsi in carcere per poi essere riconosciuto innocente, a seguito della custodia cautelare, processi lunghi e errori nelle indagini. Oggi Raffaele Sollecito è un ragazzo abituato a essere, suo malgrado, sotto i riflettori e si comprende che ne farebbe a meno. Si nota subito che è un ragazzo semplice e timido i cui occhi trasmettono la sofferenza che ha vissuto e la sua voglia di rivalsa nel far comprendere chi è realmente. Ne ha diritto, è un uomo libero che ha vissuto un’Odissea, che continua a ripetere “può vivere chiunque. Posso sembrare antipatico, ma voglio che sia perché ora la gente si fa una sua idea, non per i media che costruiscono un romanzo”. E ha ragione, visto che, anche ieri con le foto sui social che raccontavano l’evento, c’è chi ha scritto “le foto da vip poteva evitarle”. Sollecito non è un vip, è un uomo libero che racconta il suo dramma per mettere in guardia gli altri, far capire la distorsione del sistema giudiziale italiano e, soprattutto, far conoscere chi è realmente.