Ieri, 26 Aprile, si è svolta la cerimonia di commemorazione dei soldati australiani e neozelandesi, che, nel 1943 morirono durante lo Sbarco in Sicilia.
La cerimonia ANZAC, Festa Nazionale australiana e neozelandese in memoria dei caduti, ha avuto luogo, come accade da tre anni, al Cimitero di Guerra del Commonwealth, che si trova nelle vicinanze di Catania, ed è stata celebrata da don Agrippino Salerno, prevosto parroco della Pontificia Basilica Collegiata ‘Santa Maria dell’Elemosina’ di Biancavilla, accompagnato dalla Corale Polifonica della Basilica.
Oltre l’ambasciatore d’Australia a Roma, erano presenti le Autorità civili e militari italiane, rappresentanti dell’I.C.S.A (Istituto di Cultura Sicilia Australia) e dell’ambasciata della Nuova Zelanda a Roma, rappresentanti della Commonwealth War Graves Commission – Mediterranean Office e della USA NAVY/NATO Sigonella, l’attachè militare d’Australia – Southern Europe – Department of Defence of Australia.
I presenti, prima di recarsi al Cimitero del Commonwealth per deporre le ghirlande commemorative, hanno visitato il Museo dello Sbarco a ‘Le Ciminiere’, importante per la sua fonte di informazioni e documenti del periodo dello Sbarco Alleato.
A documentare momenti bellici che hanno fatto storia, fu, fra i tanti, l’ebreo Phil Stern, allora giovane fotoreporter arruolato nei Rangers, che, pur vivendo il dramma della guerra, riuscì anche ad immortalare le bellezze della Sicilia, soprattutto del territorio di Licata e, dopo la guerra divenne famoso per aver lavorato con grandi personaggi del cinema americano come Marilyn Monroe e Marlon.
Stern è tornato a Licata Stern, nel 2013, poco tempo prima di morire, e ha visitato le sale di Palazzo La Lumia, quartier generale delle truppe americane durante l’operazione husky, incontrando anche persone conosciute ben 70anni prima e i loro discendenti, sottolineando, come è stato ribadito anche ieri al Cimitero del Commonwealth, che la guerra e la violenza sono un fallimento per l’uomo e che le azioni negative del passato devono portarci al dialogo e non alla chiusura, che, invece, come sta avvenendo in queste settimane non solo è umana, ma anche economica distruggendo così l’idea di quella che doveva essere l’Europa.
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