Bella, sfrontata, ambigua, cinica, arrivista, disposta a tutto per raggiungere le sue mire smodate, Macalda di Scaletta è stata una cortigiana sui generis dallo straordinario carattere, protagonista della storia della Sicilia nel periodo della transizione dal dominio angioino a quello aragonese e della rivolta dei Vespri.

Malgrado la prorompente personalità e il fascino della sua figura, oggi pochissimi –e tra i pochissimi solo gli storici delle vicende della nostra isola – la conoscono.

Dora Marchese, studiosa catanese di letteratura, storia, costumi siciliani e autrice di diverse accattivanti monografie, riconsegna alla nostra memoria la ‹‹Giovanna d’Arco siciliana›› (come venne definita la più singolare tra le dame del 14° secolo) con l’interessantissimo saggio L’epica della passione-La Sicilia di Macalda di Scaletta, Lisa Puccini e Gammazita edito da Carthago.

La Marchese ricostruisce la figura e la vita, assai avventurosa, di Macalda di Scaletta attraverso una documentata ricerca che attinge a varie fonti e ne mette in risalto lo spirito anticonformista e trasgressivo.

Nel suo saggio, Dora Marchese ci offre il ritratto di una donna abile nell’uso delle armi ( una vera e propria guerriera ), spregiudicata nei costumi, anche sessuali, amante dei trasformismi (indossava armature e abiti maschili), fiera del suo fascino androgino, ambiziosa sino agli eccessi.

E ci racconta la sua vita, che conobbe diverse tappe: due matrimoni dettati da calcolo, la partecipazione ai moti dei Vespri, la presenza nella corte aragonese di re Pietro e la rivalità con la regina, l’internamento nel carcere messinese di Matagrifone dove rivela il suo talento di giocatrice di scacchi.
Il libro riporta i giudizi che su di lei furono espressi dai cronisti dell’epoca e dagli storici che vissero nei secoli a venire; giudizi non sempre concordanti: alcuni pongono l’accento sul suo cinismo e sui suoi comportamenti sordi alle convenzioni e alla morale imperante, altri (minoritari) le riconoscono un’anima passionale non priva di sincerità.

Soprattutto nell’Ottocento, Macalda di Scaletta gode di notorietà e ispira opere letterarie e melodrammi. Nel Novecento, quando la sua notorietà, comincia a scemare, i movimenti femministi la eleggono a modello dell’emancipazione del gentil sesso.

Il pregio del saggio della Marchese, oltre che nel tentativo di rimuovere la damnatio memoriae che ha colpito Macalda di Scaletta, è nel considerarne la figura senza cedere a due opposte tentazioni: demonizzarla in quanto espressione della donna immorale antitesi dello stereotipo della donna retta custode del focolare domestico; esaltarla come prototipo di un femminismo ante litteram.

La Marchese, invece, nell’indagare sulla sua eccezionale personalità, tiene in debito conto il contesto storico-sociale in cui la donna visse, dando particolare rilievo alle origini umili che ne spiegano la grinta per imporsi nell’universo dei notabili e per conquistare i titoli nobiliari da ostentare.

Il saggio della Marchese fa poi un’incursione nelle pagine del Decamerone e in una leggenda popolare catanese legata alle origini dei Vespri siciliani. A Boccaccio, infatti, giunse l’eco della vita di Macalda di Scaletta attraverso la tradizione orale che ne tramandò le vicende in versioni edulcorate. Da uno di questi racconti, del tutto infedeli, nasce il personaggio di Lisa Puccini protagonista di una novella del Decamerone.

Allo stesso modo, la figura di Macalda di Scaletta viene trasposta nella leggenda, ancora popolare nel catanese, del pozzo di Gammazita.

Gammazita è una bellissima ragazza che, pur di mantenere la verginità dinanzi all’agguato di un soldato francese – in ciò sobillato dalla sua gelosissima amante Macalda di Scaletta – si getta nel pozzo, dove si stava recando per pulire i panni, rinunciando alla vita.

Per chi ama la storia della Sicilia e la vita dei suoi figli più eccentrici, L’epica della passione-La Sicilia di Macalda di Scaletta, Lisa Puccini e Gammazita è un libro da non lasciarsi sfuggire.