Dopo la decisione del Dipartimento regionale dell’Urbanistica (che è parte dell’Assessorato Territorio e Ambiente) che ha deciso di procedere al commissariamento del Prg di Palermo, ci si chiede cosa accadrà negli altri comuni siciliani.
Nel capoluogo sarà lo stesso dirigente generale del dipartimento urbanistica Rino Giglione a sostituirsi a sindaco e giunta e, se necessario, anche al Consiglio comunale, per portare in discussione e giungere ad approvazione del PRG di Palermo. Dovrà insediarsi entro 45 giorni e il suo incarico durerà tre mesi.
Va detto che il Piano regolatore generale della Città di Palermo è all’ordine del giorno del consiglio comunale da tempo ma mai discusso fino ad ora.
La minaccia di commissariamento era giunta a Palazzo delle Aquile proprio mentre il Consiglio discuteva la materia delle Varianti al Piano regolatore esistente. In pratica invece di procedere all’adozione del nuovo Piano regolatore si era scelto di modificare quello esistente.
Il sindaco di Palermo Orlando userà questi 45 giorni per studiare un ricorso contro il Commissariamento o per spingere sul Comune perchè si metta in regola sotto questo aspetto, ma questa decisione apre, però, un altro fronte con tutti i comuni siciliani.
Ancora più singolare, infatti, è la situazione di Catania dove il Prg arrivò ad affacciarsi in Consiglio comunale dopo essere stato approvato dalla Giunta e dalla Commissione Urbanistica. Erano gli anni dell’amministrazione di Raffaele Stancanelli che per tutta la campagna elettorale del 2013 sbandierò quel risultato atteso per decenni, che si sarebbe completato con il passaggio in aula consiliare.
Lo stop è arrivato proprio con le scorse elezioni amministrative: tutte le delibere sono tornate indietro (ma in questi anni molte sono state riproposte) e il Prg congelato.
L’amministrazione ha motivato questa scelta in più di una occasione, spiegando che oggi occorre un Piano regolatore generale metropolitano visto che si va verso quella direzione.
Effettivamente, negli ultimi 40 anni, il territorio del capoluogo etneo e l’hinterland catanese sono divenuti un tutt’uno, ma resta singolare la decisione di approvare il regolamento edilizio (cioè le linee guida del piano) che si rifà al Prg del 1964.
Un atto votato dal Consiglio comunale pochi mesi dopo il ritorno di Enzo Bianco a Palazzo degli Elefanti che ha sollevato mugugni non solo dai banchi dell’opposizione ,ma anche da alcuni esponenti della maggioranza (allora ancora in piena luna di miele con il primo cittadino).
“Stiamo ragionando con uno strumento che risale agli anni ’60, quando Catania era un’altra città e le esigenze dei cittadini erano totalmente diverse! Oltre al congelamento del Prg, del quale si è persa traccia, è assurdo il blocco generato in quartieri importanti come Picanello, Barriera o Cibali che una volta erano periferie mentre adesso sono cuore della città”, dice oggi Sebastiano Arcidiacono, presidente vicario del Consiglio comunale e componente del gruppo misto.
E’ vero, poi, che negli stessi anni in cui l’hinterland si è fuso con il capoluogo si è assistito ad una migrazione dalla città verso quei paesi limitrofi con i quali ora più che mai è necessario dialogare, ma va detto pure che a Catania sono numerose le case disabitate o inabitabili anche per ragioni di vincoli di un Prg risalente a mezzo secolo fa.
Cosa farà la Regione per la situazione di Catania e di tanti altri comuni in condizioni simili?
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