Fuggita dalla povertà della Nigeria con la speranza di una vita migliore si è invece ritrovata in strada a fare la prostituta. Resa schiava con il rito vodoo e terrorizzata da una coppia di trafficanti di esseri umani senza scrupoli che minacciava i suoi familiari.

Con l’operazione ‘Fake innocent’ gli agenti della Squadra Mobile di Catania hanno fermato due persone (arrestate a Cagliari) gravemente indiziate dei reati di tratta di persone e di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. 

Le indagini sono state avviate dalla polizia dopo lo sbarco a Catania, il 20 marzo 2016 di una migrante nigeriana di 15 anni – Sweet, nome di fantasia – soccorsa in alto mare con altri migranti  e arrivata a bordo della nave della Guarda Costiera romena “Mai 0201”.

La minore aveva riferito di aver conosciuto in Nigeria, tramite una parente, dei  coniugi connazionali residenti in Italia che si erano offerti di organizzarle il viaggio verso l’Italia, dove l’avrebbero accolta.

Sweet, per sfuggire alle condizioni di estrema povertà sofferte dal nucleo familiare nel paese di origine, aveva accettato e aveva così assunto un debito pari a 30.000,00 euro verso la coppia, debito che avrebbe dovuto ripagare prostituendosi.

La minore aveva anche precisato di esser stata sottoposta ad un rito voodoo  nell’abitazione di un “Ju Ju man” a Benin City e di aver in tale occasione conosciuto un’altra giovanissima ragazza, “Beauty” (altro nome di fantasia) anch’essa destinata ai due coniugi e che con la minore, aveva affrontato il viaggio dalla Nigeria sino all’Italia (dove le due ragazze erano state tuttavia separate).

Sweet” era una delle vittime della tratta, ma anche all’altra connazionale, “Beauty “, che era già “ospite” dei coniugi, era stata avviata alla prostituzione.

I due indagati, anche avvalendosi del contributo di una complice in Nigeria (che fungeva da reclutatrice e selezionatrice  delle giovani vittime e riceveva quale “cassiera” continue rimesse di denaro), si muovevano nel traffico di giovani connazionali da far prostituire in Italia ed erano continuamente alla ricerca di nuove giovani connazionali da far giungere in Italia onde immetterle nel circuito della prostituzione su strada e giovarsi dei loro guadagni.

L’apporto della complice in Nigeria permetteva ai due indagati di ordire strategiche minacce e rappresaglie ai danni dei familiari di Sweet, per costringere quest’ultima ad allontanarsi dalla comunità per minori a cui era stata affidata.

I due coniugi arrestati utilizzavano una connection houses per la permanenza delle donne prima dell’imbarco alla volta dell’Italia su natanti di fortuna, occupati da numerosi migranti senza necessaria dotazione di sicurezza, ad alto rischio di naufragio, reclutando le giovani per destinarle alla prostituzione o, comunque, allo sfruttamento sessuale per trarne profitto.