Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, in occasione del 48° anniversario della barbara uccisione del tenente colonnello dei Carabinieri Giuseppe Russo e dell’insegnante Filippo Costa, avvenuta a Ficuzza (Corleone) il 20 agosto 1977, rinnova il proprio impegno a mantenere viva la memoria di due uomini che hanno pagato con la vita il loro amore per la giustizia e la loro semplice amicizia.

Quella sera d’estate, apparentemente serena, si trasformò in una dichiarazione di guerra di Cosa Nostra contro lo Stato e contro chiunque ne ostacolasse l’ascesa. Filippo Costa, maestro elementare, stava godendosi gli ultimi giorni di vacanza prima del rientro a scuola. Poco dopo si unì a lui l’amico Giuseppe Russo, che trascorreva a Ficuzza alcuni giorni con la moglie e la figlia Benedetta. I due passeggiavano spesso insieme, raccontandosi frammenti di vita quotidiana. Quella sera si diressero verso il bar del centro: Russo entrò per fare una telefonata, mentre Costa lo attendeva fuori, godendosi un leggero vento estivo. Ripresero poco dopo a camminare, ignari che dietro di loro una Fiat 128 verde si muoveva lentamente per sorvegliarne i passi.

Secondo la ricostruzione giornalistica di Mario Francese, l’omicidio fu pensato come un’esecuzione plateale: un commando guidato da Totò Riina e composto da Giovanni Brusca, Pino Greco e Filippo Marchese scese dall’auto e aprì il fuoco. Le pistole calibro 38 erano tutte rivolte a Russo, tranne un fucile puntato verso Costa, perché nessun testimone potesse sopravvivere. Fu un’esecuzione brutale, conclusa con colpi di grazia alla testa di entrambi.

La morte di Giuseppe Russo non fu casuale: comandante del Nucleo Investigativo di Palermo, uomo di fiducia di Carlo Alberto dalla Chiesa, aveva intuito l’evoluzione della mafia corleonese da potere rurale a sistema economico-finanziario, capace di impadronirsi dei grandi appalti pubblici, a partire dalla ricostruzione post-terremoto del Belice. Proprio per queste intuizioni divenne un bersaglio da eliminare.

Filippo Costa, invece, fu colpito solo per il suo legame d’amicizia con Russo. Aveva 57 anni e rappresentava la semplicità di un uomo di scuola, la normalità di chi crede nei valori dell’educazione e della comunità. Il suo sacrificio testimonia come la mafia non colpisca soltanto chi combatte apertamente contro di essa, ma chiunque possa essere simbolo di libertà, dignità, quotidianità non piegata alla paura.

Il percorso giudiziario che seguì fu tortuoso: inizialmente furono accusati e condannati tre pastori, poi assolti. Solo nel 1997, a distanza di vent’anni, arrivò la condanna definitiva all’ergastolo per Leoluca Bagarella, Salvatore Riina e Bernardo Provenzano.

Oggi, ricordare Russo e Costa significa rifiutare l’indifferenza. Significa comprendere che il sacrificio di un ufficiale dei Carabinieri e di un maestro elementare non è stato vano se continua a interrogare le nostre coscienze. Significa trasmettere ai giovani il senso profondo della responsabilità civile, della memoria attiva, della legalità come pratica quotidiana.

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani invita dunque le scuole, gli studenti e i cittadini a trasformare questa memoria in impegno, a costruire ponti tra passato e presente affinché le nuove generazioni crescano consapevoli che la giustizia e la libertà si difendono insieme, giorno per giorno.

prof. Romano Pesavento

presidente CNDDU


Questo contenuto è stato disposto da un utente della community di BlogSicilia, collaboratore, ufficio stampa, giornalista, editor o lettore del nostro giornale. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore. Se hai richieste di approfondimento o di rettifica ed ogni altra osservazione su questo contenuto non esitare a contattare la redazione o il nostro community manager.