“Il 3 settembre di 41 anni fa, l’assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta Domenico Russo segnarono una delle giornate più buie non soltanto per la storia della Sicilia, ma di tutto il Paese. Il generale era arrivato a Palermo da soli 100 giorni, dopo avere messo in ginocchio le Brigate Rosse. Era consapevole dei rischi che correva e non è indietreggiato di un passo, muovendosi con lo stesso rigore con cui aveva combattuto il terrorismo e, in anni precedenti, la mafia a Corleone e Palermo. Cosa nostra non gli ha dato scampo, ma lo sconcerto della società civile fu tanto e cominciò quel cammino di consapevolezza che oggi ha portato la maggior parte dei siciliani a considerare la mafia una piaga di cui liberarsi. In questi 41 anni tanti sono stati i successi messi a segno dallo Stato, grazie anche alle metodologie introdotte da Dalla Chiesa, ultimo in ordine di tempo l’arresto di Matteo Messina Denaro, ma la guerra non è ancora vinta e Cosa Nostra prova sempre a riorganizzarsi. La dedizione e il coraggio del generale Dalla Chiesa restano un faro per tutti coloro che combattono la criminalità organizzata e anche per tutti i cittadini. La frase che tanto amava: “ I veri Carabinieri portano gli alamari cuciti sulla pelle” è un monito di civiltà, trasparenza e legalità per tutti, soprattutto per i più giovani che hanno particolarmente bisogno di esempi luminosi come quello del generale Dalla Chiesa”.

Il deputato regionale di FdI Marco Intravaia, componente della Commissione Regionale Antimafia, ha così ricordato l’anniversario dell’assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente Domenico Russo.

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