Ha preso il via al largo di Filicudi, nelle isole Eolie, la nuova campagna di mappatura digitale dei fondali della secca di Capo Graziano, uno dei contesti archeologici subacquei più importanti del Mediterraneo. L’obiettivo è ambizioso: creare un modello 3D ultra dettagliato dell’area e dei relitti sommersi, grazie a una sinergia tra la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana e la startup tecnologica Immersea.
Questa operazione segna un passo avanti nel modo in cui si studia e si tutela il patrimonio culturale sommerso. Al centro del progetto, un nuovo approccio definito “oceanografia archeologica”: unire innovazione tecnologica, ricerca scientifica e conservazione, superando i limiti della fruizione tradizionale.
Tecnologia al servizio della memoria sommersa
Da anni, i fondali attorno a Capo Graziano sono parte di un itinerario subacqueo aperto ai sub con brevetto e accompagnati da diving autorizzati. A profondità comprese tra 5 e 30 metri, si possono osservare anfore antiche, ancore in piombo e in pietra, e persino i resti di un’ala di aliscafo. Tutto questo testimonia la pericolosità della secca nel tempo.
Con la nuova campagna, però, l’accesso si allarga. Grazie alla mappatura digitale, sarà possibile esplorare anche i relitti situati a profondità proibitive per la subacquea sportiva. Non più solo immersioni fisiche, ma anche visite virtuali ad alta risoluzione, accessibili a tutti.
Il progetto prevede rilievi fotogrammetrici subacquei, camere stereoscopiche 3D a 360° e sistemi di navigazione avanzati, come il dead reckoning, supportati da sensori ambientali e geochimici. In pratica, un arsenale tecnologico per costruire un modello tridimensionale georeferenziato dei fondali.
Non sarà solo una “fotografia” del presente: la mappa digitale sarà aggiornata nel tempo, capace di accogliere nuovi ritrovamenti e monitorare lo stato di conservazione dei reperti. Ogni oggetto sarà corredato da schede digitali con dati archeologici, geomorfologici e ambientali.
Un progetto pilota per l’Europa
“Questo è il primo tassello di un progetto pluriennale – spiega l’assessore regionale ai Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinato – che punta a trasformare Capo Graziano in un laboratorio pilota per la conservazione preventiva e la fruizione intelligente del patrimonio sommerso. Un luogo dove la scienza incontra la storia”.
La tecnologia permetterà anche di prevedere scenari di degrado, ottimizzare il monitoraggio e pianificare interventi mirati. Secondo Scarpinato, si tratta di un approccio pionieristico che potrebbe diventare modello a livello europeo per la gestione dell’archeologia subacquea.
La secca di Capo Graziano non è un sito qualsiasi. Negli anni Settanta, fu teatro delle prime campagne archeologiche subacquee guidate da pionieri come Luigi Bernabò Brea e Nino Lamboglia. Qui, in pochi metri quadrati, affiorarono relitti di epoche diverse, a testimonianza dell’importanza strategica delle Eolie sulle antiche rotte del Mediterraneo.
Tra i ritrovamenti più noti, il “Relitto Roghi”, con la sua spettacolare piramide di anfore, oggi conservata al Museo Archeologico Eoliano. Cinquant’anni dopo, la ricerca scientifica riparte da lì, ma con strumenti che aprono prospettive completamente nuove.
Con la mappatura 3D, Capo Graziano si candida a diventare non solo uno dei siti più affascinanti delle Eolie, ma anche un riferimento internazionale per l’archeologia subacquea del futuro.


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